Non c’è nessuno piegato a raccogliere agrumi oggi. Nessuno nella piana di Gioia Tauro a piegare la schiena nei campi perché da San Ferdinando, Taurianova e Rosarno hanno deciso di fermarsi dall’alba. Molti sono saliti sui pullman e hanno raggiunto Reggio Calabria. Per scioperare. Sfilano per le strade della città. Protestano. Incrociano quelle braccia sfruttate ogni giorno per chiedere tutto ciò che si racchiude in un’unica, semplice parola: dignità ovvero un’accoglienza degna di questo nome; il potenziamento delle azioni di prevenzione e contrasto al caporalato, maggiore celerità per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno e l’inclusione di tutti i migranti nella campagna vaccinale. Ad accompagnarli nella lotta, a proclamare lo stop è stata la Flai Cgil. A Reggio Calabria, insieme ai manifestanti, c’è Jean René Bilongo, che per la Flai è responsabile dell’Osservatorio Placido Rizzotto.

“Abbiamo deciso di scioperare perché la situazione è critica in tutto il Paese. Le notizie che ci arrivano da Novara, da Brindisi, da Lecce, ci dicono che siamo in un contesto estremamente precario ma anche che sembra ci sia dimenticati di questi lavoratori, prima essenziali oggi totalmente abbandonati. La regolarizzazione procede a tartaruga; le azioni di contrasto al caporalato sono deboli. E intanto un insieme di questioni irrisolte tiene prigionieri questi lavoratori. Noi oggi abbiamo deciso di far sentire la loro voce”.

La parola “prigionieri” è un’espressione forte. Cosa ingabbia questi lavoratori?

Politiche di inclusione inesistenti, pratiche per permessi di soggiorno pluriennali che li incastrano sia dal punto di vista abitativo che del lavoro: senza documenti regolari, infatti, continuano a essere succubi di caporali e sfruttatori. E in più, adesso, una campagna vaccinale che ancora non li raggiunge. Invece noi chiediamo che vengano vaccinati tutti e per questo motivo mettiamo a disposizione delle istituzioni la nostra conoscenza capillare del territorio. Il vaccino deve arrivare a tutti. Si tratta di questioni che poniamo e gridiamo ai quattro venti ormai da tempo, sembra però che da queste parti non ci sia nessuno pronto ad ascoltare. Oggi le riproponiamo con maggior forza. 

Lo scorso anno la Flai Cgil aveva apprezzato il provvedimento sulle regolarizzazioni poi quella misura si è impantanata. Cosa chiedete adesso?
Vogliamo che le pratiche di regolarizzazione viaggino con maggiore celerità. La regolarizzazione, infatti, nasce da un contesto di emergenza che richiederebbe, in quanto tale, procedimenti amministrativi rapidi. Invece ci troviamo davanti istanze respinte per cavilli burocratici che lasciano i lavoratori senza diritti, sul ciglio della strada. 

Questo sciopero arriva pochi giorni dopo la morte di Camarda Fantamadi, ucciso dal caldo e dalla fatica al rientro da una giornata di lavoro nei campi. Sei anni dopo la morte di Paola Clemente, è cambiato tanto, non è cambiato nulla?
È avvilente. Questo sciopero è anche nel nome di Camarda: dobbiamo far sentire le voci dei lavoratori con maggior forza. Non è escluso che oggi proprio mentre noi scioperiamo e manifestiamo qualcun altro perda la vita. Ma quest’ecatombe è inaccettabile: si può prevenire. Si deve fermare. Da Gioia Tauro e dalla provincia di Reggio Calabria vorremmo che altre piazze del Paese fossero contaminate da questa protesta.

Oggi protestate non solo nel nome di Camarda. Anche nel nome di Adil morto a Novara, investito da un camion mentre faceva un picchetto. Altro settore, certo, ma un caso emblematico della frammentazione che il mondo del lavoro sta vivendo.
La morte di Adil è davvero sintomatica del rischio di frattura che il mondo del lavoro sta affrontando. Adil è stato ucciso da un altro lavoratore, un tempo nel movimento operaio si diceva: “uniti siamo tutto, divisi siam canaglia”. Oggi i padroni ci stanno dividendo e noi dobbiamo arginare questo pericolo. Da Reggio Calabria intanto arriva un bel segnale: con lavoratori e lavoratrici, italiani e stranieri, che partecipano a questa manifestazione da Vibo Valentia, Lametia Terme, Cosenza, e tante altre città per manifestare la propria solidarietà a chi lavora nella Piana. 

Qual è l’impegno che vi assumete?
Prima con il corteo, poi con il presidio davanti alla prefettura continueremo a manifestare finché non avremo la convinzione che le nostre istanze siano state adeguatamente recepite. Se poi dovessimo scoprire che nell’immediato futuro nulla cambia, torneremo nella stessa piazza ma con maggior forza.