Le donne hanno pagato il prezzo più alto di questa crisi pandemica anche a Como. Secondo i dati Istat, nel 2020 l’occupazione femminile in questa provincia è scesa di 2694 unità. I settori in cui si è avvertito in maniera più forte il calo sono l’industria, gli alberghi e i ristoranti, i servizi alle imprese, i trasporti e la logistica. Segni positivi invece nella sanità, nel commercio e nell’informazione e nella tecnologia.

“È evidente che le donne si sono fatte carico dei problemi e delle difficoltà derivanti dalla gestione della famiglia durante la pandemia - spiega Sandro Estelli, della segreteria della Camera del lavoro di Como -. Peraltro, i nonni, in questa fase, spesso non hanno potuto accudire i nipoti. Hanno pagato il prezzo più alto i contratti part-time o instabili e le basse professionalità. Servono senza dubbio interventi nel campo della conciliazione dei tempi di vita e lavoro”. Emblematici i dati del comparto degli alberghi e dei ristoranti: in provincia, a fronte di un aumento generale dei posti, più 911, si registra in dodici mesi una perdita specifica di posti occupati da donne pari a  meno 1.798.

Nell’industria, invece, considerando solo l’occupazione femminile del settore, in un anno si è verificato un calo del 15 per cento. A soffrire anche le giovani in ingresso nel mondo del lavoro: “Spesso non si sono viste rinnovare il contratto, interrompendo il ricambio generazionale – conclude Estelli –. Sono necessari ammortizzatori sociali e la prosecuzione del blocco dei licenziamenti, anche nelle grosse aziende. Ora, più che mai, non bisogna lasciare indietro nessuno”.