La Corte Costituzionale ha dichiarato che l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori così come modificato dalla riforma Fornero è incostituzionale. Lo spiega un passaggio della sentenza n. 59 depositata oggi (1 aprile) e anticipata già lo scorso 24 febbraio dalla Consulta. In caso di licenziamento, il reintegro è un obbligo se il fatto è insussistente. Per i giudici, infatti, è "disarmonico e lesivo del principio di eguaglianza il carattere facoltativo del rimedio della reintegrazione per i soli licenziamenti economici, a fronte dell'inconsistenza della giustificazione addotta e della presenza di un vizio ben più grave rispetto alla pura e semplice insussistenza del fatto"

Il riferimento è all'articolo 3 della Costituzione che stabilisce che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge".  In particolare, la Corte ha censurato la norma poiché il principio di eguaglianza risulta violato se il reintegro, in caso di licenziamenti economici, è previsto come facoltativa quando il fatto che li ha determinati è manifestamente insussistente mentre è obbligatorio nei licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo .

La scelta tra due forme di tutela profondamente diverse - quella del reintegro e quella dell'indennità - viene così rimessa a una valutazione del magistrato senza che vi siano precisi punti di riferimento mentre "Il vaglio della genuinità della decisione imprenditoriale garantisce che il licenziamento rappresenti pur sempre una extrema ratio e non il frutto di un insindacabile arbitrio". 

“Riteniamo importanti le motivazioni della sentenza n. 59/2021, depositata oggi, con cui la Corte costituzionale stabilisce l’obbligatorietà della reintegra anche nei casi di licenziamenti in cui la causa economica sia manifestamente insussistente”. Questo il commento della Cgil. “Viene, infatti, dichiarato incostituzionale - sottolinea il sindacato di Corso d’Italia - l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, modificato dalla 'riforma Fornero', nella parte in cui prevede che il giudice, una volta accertata la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo possa applicare, ma non debba applicare, la tutela reintegratoria”.

“Verrebbe quindi violato - prosegue la Cgil - il principio di uguaglianza rispetto ad altri casi, come il licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa in cui, se il fatto è manifestamente insussistente, permane l'obbligo della reintegra”. Il sindacato ricorda che “la disciplina della tutela contro i licenziamenti illegittimi ha subito molti interventi correttivi negli ultimi anni, dalla Fornero al Jobs Act, tutti orientati a spostare la tutela da quella reale a quella risarcitoria”. Ma “questa sentenza, come altre, che si sono succedute negli ultimi mesi, - conclude la Cgil - rende evidente che la disciplina attuale non garantisce adeguate tutele ai lavoratori, né il rispetto dei principi di eguaglianza e di deterrenza che tali norme devono poter garantire, riequilibrando la possibile discrezionalità datoriale”.