Nonostante siano un milione e sebbene appartengano a quella schiera di lavoratrici e lavoratori definiti essenziali, cioé indispensabili per la tenuta del Paese, li hanno dimenticati. Prima il governo Conte, poi il governo Draghi. Sono i lavoratori agricoli, dagli stagionali ai fragili, passando per alcuni specifici settori dove la pandemia è stata sofferta più che altrove, come ad esempio, negli agriturismi. 

La mobilitazione convocata oggi (31 marzo) dai sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil serve a riportare l'attenzione su di loro e quella di piazza Vidoni a Roma è solo la prima tappa perché è già in programma una nuova data: il prossimo 10 aprile davanti a tutte le Prefetture d'Italia. 

Le rivendicazioni sono tanto essenziali quanto il lavoro svolto da questi addetti e si sintetizzano in un concetto semplice: basta discriminazioni, basta esclusioni. Sotto accusa ci sono, infatti, i decreti che dallo scorso agosto si sono succeduti per dare un sostegno economico che permettesse di affrontare la crisi sia alle imprese che ai lavoratori. Inspiegabilmente, però, da quei decreti gli stagionali e i fragili dell'agricoltura sono scomparsi. 

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Lo ha ricordato anche il segretario generale della Flai Cgil Giovanni Mininni, intervenendo durante la conferenza stampa che ha spiegato le ragioni della protesta:  “Il governo Draghi, come anche quello Conte negli ultimi provvedimenti, ha completamente dimenticato i lavoratori agricoli. Di loro ci si è occupati solo con le misure che prevedevano i primi ristori, a marzo e aprile 2020, poi non c’è stata più alcuna voce che li abbia coinvolti. Eppure, come tutti gli altri, anche i lavoratori agricoli hanno avuto problemi a seguito della pandemia e, nonostante le nostre ripetute rivendicazioni, le loro richieste sono rimaste inascoltate. La nostra manifestazione è un grido di allarme per lavoratori che al Paese danno tanto e che non meritano questo trattamento".

Il rischio, però, è che si passi di male in peggio se tornano a circolare, come avviene ormai ciclicamente, ipotesi di semplificazione dei voucher in vista dell'estate dei raccolti. Per la Flai Cgil quella partita, però, è chiusa e tale deve restare: i voucher in agricoltura già esistono, tornare a spingere in quella direzione significherebbe aprire nuovi spazi a precarietà, sfruttamento e caporalato. Tutte cose di cui la nostra economia e il nostro mercato del lavoro non hanno certo bisogno.

“Non vogliamo niente di più di quello che ci spetta - ha spiegato ancora Mininni -. Vogliamo quindi che ai lavoratori vengano riconosciute ai fini previdenziali e assistenziali le giornate lavorate nel 2019 cosicché possano prendere la stessa disoccupazione agricola dello scorso anno. Vogliamo che i fragili siano sostenuti, cosa che finora non è stata fatta. Chiediamo che la Naspi sia estesa anche a quei comparti che finora ne sono esclusi come le imprese cooperative di trasformazione industriale di prodotti agricoli e così avvenga anche per la cassa integrazione in un settore come la pesca, uno dei pochissimi che non ha ammortizzatori sociali strutturati. E poi vogliamo rilanciare il diritto al contratto. I contratti provinciali di lavoro sono scaduti a fine 2019 e finora ne abbiamo rinnovati solo 9. Sono una parte essenziale per definire il reddito di chi lavora in agricoltura".

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La mobilitazione di oggi è unitaria. La Flai Cgil scende in campo insieme a Fai Cisl e Uila Uil e tra le loro richieste rilanciano anche un maggiore impegno italiano in Europa a difesa del lavoro sostenibile e di qualità. La priorità - dicono le tre federazioni - è tutelare lavoratrici e lavoratori senza i quali le nostre tavole e la stessa qualità della nostra vita sarebbe indiscutibilmente peggiore.