Tremila assunti entro il 31 dicembre e altrettanti inquadrati con un contratto pirata. Si registra un passo avanti e uno indietro per i rider: da un lato vedono l’impegno di Just Eat alla graduale regolarizzazione dei suoi ciclofattorini, dall’altro assistono alla sigla di un accordo tra Everli e il neonato sindacato Unione shopper Italia, costituito ad hoc per rispondere alle esigenze aziendali. Partite che si giocano separatamente, ma che vedono al centro i lavoratori del delivery nel percorso lungo e accidentato per affermare diritti, tutele e sicurezza.

Il passo in avanti è stato fatto dalla multinazionale olandese Just Eat che ha aperto un confronto con Cgil, Cisl e Uil per la stabilizzazione dei rider con contratto di lavoro subordinato. Per questo, esce dall’associazione di categoria Assodelivery (con cui è aperto un tavolo con i sindacati al ministero dello Sviluppo economico, in questo momento in stallo) e viaggia da sola. “Condividiamo gli obiettivi, adesso si tratta di definire tutele salariali e normative nel solco della subordinazione, che è da sempre una rivendicazione del sindacato confederale", spiega Cristian Sesena, responsabile dell’area Contrattazione e mercato del lavoro della Cgil: "L’azienda vuole coniugare le tutele tipiche della subordinazione con la flessibilità, elemento specifico di questo settore: basti pensare al fatto che i picchi di lavoro si concentrano nei fine settimana e nelle fasce orarie a ridosso di pranzo e cena. Abbiamo indicato nel contratto nazionale della logistica quello cui fare riferimento, perché il più idoneo, per poi apportare gli aggiustamenti del caso”.

L’idea di partenza sarebbe questa: un rapporto di lavoro part time, con un minimo orario garantito da definire, ma tale da assicurare un salario certo e dignitoso, cui si aggiungono malattia, ferie, tredicesima, un sistema premiante equo, il riconoscimento di agibilità e diritti sindacali. Quindi una condizione molto diversa da quella attuale, capace di dimostrare che può esistere un modello in cui i lavoratori non siano sfruttati e pagati a cottimo. “Siamo ai primi passi del confronto, ma i presupposti ci sono tutti", prosegue Sesena: "Se riusciremo a dimostrare che si può costruire un modello di organizzazione imprenditoriale alternativo, basato sul lavoro subordinato, sarà un precedente difficilmente ignorabile per gli altri player che operano nel food delivery”.

Le note dolenti arrivano invece dal fronte degli shopper, lavoratori che vanno al supermercato, fanno la spesa per conto del cliente lista alla mano e la consegnano direttamente a casa. Un business cresciuto in modo esponenziale durante la pandemia, per il quale l’azienda Everli (ex Supermercato 24) e le altre del settore che aderiscono ad Assogrocery stanno cercando una soluzione per prevenire eventuali contenziosi. Cosa hanno fatto? Prima provano a firmare un accordo con Fisascat Cisl, che però non passa l’esame dei lavoratori, che lo bocciano senza mezzi termini. Dopo il rifiuto del sindacato a sottoscrivere l’intesa che mantiene il lavoro autonomo e permette l’uso degli algoritmi reputazionali, spunta dal nulla una nuova organizzazione sindacale, l’Unione shopper Italia: nata il 27 gennaio, il giorno successivo già firma un accordo con Assogrocery-Everli per gli addetti del settore.

“La trattativa aperta prima dell’estate è fallita a ottobre perché le posizioni erano molto distanti", spiega Silvia Simoncini, segretaria nazionale Nidil Cgil: "Per noi questo è un settore molto affine a quello dei rider e un’interlocuzione non può prescindere dal tavolo aperto al ministero dello Sviluppo economico. Dopo la mancata ratifica dell’accordo con Fisascat, un video dell’amministratore delegato di Everli ha invitato i lavoratori a inscriversi al sindacato Usi. Un paio di giorni dopo un altro video ha comunicato che è stato firmato un accordo che noi non abbiamo neppure visto".

Un'intesa, conclude l'esponente sindacale, che "a quanto ci risulta legittima il cottimo, conferma tutte le diverse tipologie di lavoro precario, autonomo, occasionale, a partita Iva. Il primo febbraio abbiamo incontrato l’azienda, ma non siamo neppure entrati nel merito perché il problema è il metodo”. Una condotta antisindacale da manuale, contro la quale infatti Nidil e Filcams Cgil e Uiltucs e Uiltemp Uil hanno depositato ricorso. La parola adesso passa ai giudici.