“Oggi siamo in 90 a lavorare qui, tutte persone del territorio. Se non avessimo fatto questo percorso invece non ci sarebbe nessuno. La differenza con prima? Non abbiamo più capitali da remunerare, solo posti di lavoro da difendere e retribuire degnamente”. Silvano Carletto è il presidente della società cooperativa Cartiera Pirinoli di Roccavione, in provincia di Cuneo. Un caso di workers buyout riuscito, al punto da diventare un esempio di economia circolare.

La Pirinoli produce carta per imballaggi dal 1872, all’inizio del 2000 è tra le prime 10 in Europa. Ma nel 2012 la nuova proprietà non ottiene i ritorni sperati, licenzia 154 lavoratori e dichiara fallimento. Un gruppo di imprenditori lombardi sembra interessato all'azienda, ma poi si tira indietro. È qui che nasce l'idea di fare da soli: “Io ero direttore di stabilimento e, insieme al direttore amministrativo, avevo sostanzialmente realizzato il business plan per i possibili acquirenti – racconta Carletto a Collettiva - Così, quando si sono tirati indietro il curatore fallimentare ci ha suggerito la via della cooperativa. Allora noi non ne sapevamo nulla, ma ci siamo messi in moto, siamo andati a Cuneo in Legacoop dove, a differenza di altri, hanno subito creduto al progetto. E così siamo partiti”.

Più o meno negli stessi mesi, molti chilometri più a Sud, a Caivano, confine nord della città metropolitana di Napoli, i lavoratori della Italcables Spa, storica azienda metalmeccanica napoletana, che produce cavi d'acciaio per cemento armato, apprendono della messa in liquidazione della loro fabbrica. “La notizia fu terribile e ci gettò nello sconforto più totale – ricorda Matteo Potenzieri, che all'epoca era vice direttore di stabilimento - anche perché il contesto intorno a noi era di desertificazione industriale, una continua morìa di aziende. Ci furono momenti drammatici, con gli operai saliti sul tetto della fabbrica e si sfiorò anche la tragedia, ma poi, con istituzioni e sindacati si aprì un percorso istituzionale, che in qualche modo ci permise di prendere tempo”. Il fatto è che, anche qui, di imprenditori interessati a proseguire l'attività non se ne vedevano, al massimo qualcuno che aveva messo gli occhi sui macchinari: “Ma noi volevamo salvare la fabbrica e il lavoro – continua Potenzieri – per questo abbiamo presidiato per due anni i cancelli giorno e notte, difendendo gli impianti da possibili furti o danneggiamenti e poi, visto che di cavalieri bianchi non se ne vedevano, ci siamo messi in moto per tentare un'altra strada”. 

La strada è la stessa intrapresa a Cuneo: una prima valutazione, numeri alla mano, con Lega Coop Campania, poi un contatto con Banca Etica e infine il coinvolgimento di Coop Fond (fondo mutualistico di Lega Coop) e Cfi (la società partecipata dal Mise che finanzia i workers buyout). Naturalmente, a Cuneo come a Napoli i lavoratori devono metterci anche molto del loro: l'indennità di mobilità (l'attuale Naspi, anticipata dall'Inps in un'unica soluzione), in alcuni casi un pezzo di Tfr, o addirittura i risparmi di tasca propria. I sacrifici sono tanti, c'è anche da fare solidarietà e cassa all'inizio, per non escludere nessuno, ma la cosa poi funziona.

“Quando siamo ripartiti ad agosto 2015 eravamo in 70 – racconta ancora Carletto – oggi la Cartiera, che è una delle poche realtà di queste dimensioni sul territorio, dà lavoro a 90 persone e abbiamo retto anche di fronte all'emergenza Covid, investendo molto in innovazione e sostenibilità”. “Noi la botta del 2020 l'abbiamo sentita – dice invece Potenzieri, che oggi è presidente della WBO Italcables -  ma nel 2019 eravamo cresciuti parecchio, arrivando a fatturare circa 22 milioni di euro, e l'anno prima eravamo anche riusciti ad onorare la promessa di riacquistare lo stabilimento, che oggi è di nostra proprietà. Adesso nel 2021 puntiamo a ripartire”. 

La Cartiera Pirinoli e la Italcables sono due dei tanti esempi possibili di salvataggio riuscito da parte dei lavoratori. “Direi che che per situazioni di crisi o di ricambio generazionale il Wbo può davvero essere un ottimo strumento – conclude Silvano Carletto – Il problema principale sono le competenze, soprattutto per aziende grandi come la nostra, e poi è fondamentale remare tutti dalla stessa parte. Per questo ritengo che l'accordo tra sindacati e centrali cooperative siglato a gennaio sia una buona notizia”. “C'è tanto bisogno di formazione e informazione – gli fa eco Potenzieri – e questa opzione, quando praticabile, va portata ai tavoli di crisi e messa sul piatto”.