38mila assunzioni in meno nelle Marche. Basterebbe anche solo questo dato a raccontare il crollo verticale del mercato del lavoro che si è registrato nella regione nel secondo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2019. Secondo i dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, elaborati dall’Ires Cgil Marche, la pandemia ha segnato un’emorragia di posti di lavoro del 56,2 per cento. I nuovi assunti erano quasi 70mila lo scorso anno, quest’anno sono stati meno di 30mila.

A perdere terreno, in termini di tipologie contrattuali, sono quelle a termine e precarie, passate da poco più di 24mila a circa 9500. Il precipizio segna una diminuzione del 61 per cento. Nello specifico il calo riguarda soprattutto i contratti di apprendistato (- 64,4 per cento), i contratti stagionali (- 44,3 per cento), ma anche le assunzioni in somministrazione (- 62,2 per cento) e le assunzioni con contratto intermittente (- 53,2 per cento). Non se la passano meglio le assunzioni a tempo indeterminato, più che dimezzate, passate dalle 5881 del 2019 alle 2673 attuali (- 54,5 per cento).

Declinati sul piano dei settori economici e produttivi, calano le assunzioni nelle attività professionali, scientifiche e tecniche (- 62,2 per cento) e nel settore manifatturiero, energia gas acqua e rifiuti (- 59,9 per cento). Ma il conto più salato è quello del commercio, turismo, alberghi e ristorazione, dove il lavoro precario è più frequente. Qui per eguagliare i nuovi contratti del 2019 ne mancano 18mila, che si traduce in un – 56,4 per cento.

Anche le cessazioni hanno risentito della situazione economica e delle scelte del Governo sul blocco dei licenziamenti, segnando un - 41,2 per cento rispetto al secondo trimestre del 2019. Il saldo assunzioni-cessazioni del trimestre risulta positivo nel complesso (+1.928) ma fa registrare un valore molto inferiore a quello degli anni precedenti (22.117 nel 2018 e 20.355 nel 2019).

Sul totale delle nuove assunzioni, quelle a tempo indeterminato sono una quota molto ridotta (9,1 per cento); la tipologia contrattuale maggiormente presente è il contratto a termine (32,3 per cento), seguita dal contratto intermittente (21,2 per cento).

“Nelle Marche – si legge nella nota – la quota di contratti a tempo indeterminato sul totale di quelli attivati è nettamente al di sotto della media del Paese: la regione è ultima per l’incidenza dei contratti a tempo indeterminato tra i nuovi rapporti di lavoro. La regione risulta inoltre essere la prima in Italia per la più alta incidenza dei contratti intermittenti (21,2% contro la media nazionale del 9,4%)”.

“I dati elaborati dall’Ires – dichiara Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil Marche – sono importanti per capire quanto sta avvenendo sul fronte occupazionale nelle Marche e per immaginare quali saranno le conseguenze sul mercato del lavoro dopo la fine del blocco dei licenziamenti voluto dal sindacato e gli interventi di cassa integrazione per Covid. La caduta della produzione industriale, del fatturato e del Pil anche nella nostra regione, è stata attutita anche grazie agli strumenti messi in campo dal Governo; i lavoratori meno garantiti però hanno pagato duramente e sono venuti a galla tutti i limiti del sistema degli ammortizzatori sociali e tutela per chi ha perso un posto di lavoro. L’auspicio è che non ci sia una seconda ondata dell’epidemia perché gli effetti potrebbero essere molto più forti sul piano dell’occupazione; per questo va riformato il sistema degli ammortizzatori al più presto, utilizzando anche le risorse europee, perché non possiamo permetterci che nessuno resti senza tutele”.