Si è svolto con la modalità della teleconferenza il secondo tavolo di crisi aperto presso il ministero dello sviluppo economico per la vertenza della Yokohama di Ortona, in provincia di Chieti. Avevamo raccontato nei giorni scorsi come il gruppo giapponese – specializzato nella produzione di tubi off e on shore per condotte di idrocarburi sia sottomarine che galleggianti – abbia annunciato nel luglio scorso la chiusura della fabbrica, con la messa in liquidazione dell’azienda e il licenziamento dei suoi 84 dipendenti, nonostante bilanci stabilmente positivi.

Al centro di questo secondo incontro con il Mise, la possibilità di far accedere l'azienda al programma di ammortizzatori sociali messo in campo dal governo per fronteggiare la crisi causata dalla pandemia da covid-19 e scongiurare il licenziamento di operai e impiegati. In effetti il lockdown dei mesi scorsi aveva portato a una lieve contrazione della produzione, ripresa a pieno ritmo da maggio in poi, addirittura con lo spostamento nel sito abruzzese di alcune commesse dalla sede centrale nipponica.

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All’improvviso, nel corso della stessa giornata, la multinazionale nipponica ha chiuso il sito produttivo di Ortona, in Abruzzo, messo in liquidazione l'azienda e licenziato gli 84 dipendenti. Immediata la reazione dei sindacati, che hanno organizzato un presidio permanente davanti allo stabilimento
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"Nonostante l'impegno profuso dal governo – spiega Carlo Petaccia, coordinatore regionale Filctem Abruzzo e Molise – la multinazionale ribadisce di non accettare alcun aiuto di Stato. Una tesi che gli stessi sottosegretari al ministero dello sviluppo economico, Alessandra Todde, e del lavoro, Francesca Puglisi, hanno cercato di smontare con ogni mezzo, spiegando nei particolari ai dirigenti del gruppo giapponese la funzione degli ammortizzatori sociali". L'azienda, appoggiata da Confindustria, ha ribadito la propria disponibilità a condurre una trattativa sul futuro dello stabilimento e sulla possibilità di cederlo a una delle tre realtà che, ad oggi, sembrano interessate all'acquisizione e al rilancio dell'area, ma solo dopo aver aperto la procedura di licenziamento collettivo per tutti i dipendenti. "

"Da queste semplici cose intravvediamo già quello che sarà il corso futuro di Confindustria – ha sottolineato Petaccia – . La decisione di aprire ugualmente ai licenziamenti collettivi sarebbe oggettivamente immotivata se non per rendere più appetibile il sito e a far sì che lavoratori e sindacati non abbiano più alcuna voce in capitolo. All'apertura della procedura, a noi rimarrebbe come interlocutore soltanto il liquidatore di Yokohama. Le aziende interessate all'acquisizione avrebbero tutto l'interesse a far trascorrere i 75 giorni necessari a liberarsi della forza lavoro prima di procedere all'acquisto del sito. In questo caso, per il sindacato verrebbe meno la possibilità di interloquire per conoscere il piano industriale, il numero di addetti da riportare al lavoro, le loro condizioni contrattuali".

I lavoratori vogliono essere protagonisti di questo processo – ha concluso il dirigente della Filctem Abruzzo e Molise – perché riguarda in maniera diretta il loro futuro e quello delle loro famiglie. Per questo, nonostante oggi non sembri possibile evitare il passaggio di mano della società, utilizzeremo ogni mezzo per far cambiare idea alla multinazionale e non farci rottamare prima che venga presa la decisione definitiva".

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