Brescia e Lecce, per primi. Ma sono tutti e 14 gli stabilimenti della Cnh Industrial a tremare. Il 24 giugno scorso la società ha annunciato, nell’incontro con governo e sindacati di monitoraggio dell’accordo quadro del 10 marzo scorso, una “pausa di riflessione dagli investimenti previsti”. Immediata la risposta di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil: stato di agitazione nazionale e otto ore di scioperi territoriali a luglio. Con due impianti più a rischio, appunto gli stabilimenti lombardo della Iveco (specializzato nella produzione dell’Eurocargo) e della Case Construction Equipments pugliese (dove vengono fabbricate le macchine movimentazione terra).

Il piano strategico “Transform 2 Win” (in italiano “cambiare per vincere”) per il periodo 2020-2024, presentato nel settembre 2019 e ratificato in sede ministeriale (per la parte italiana) con l’accordo di marzo, comprendeva una significativa crescita degli investimenti annui per lo sviluppo di tutti i segmenti (per un totale di oltre 11 miliardi di euro), con uno sforzo importante sul comparto dei veicoli elettrici. L’eventuale annullamento significherebbe di certo il ridimensionamento, se non la dismissione, dei due siti produttivi, dove lavorano complessivamente 2.700 persone (2 mila a Brescia e 700 a Lecce).

“La situazione di Cnh Industrial è emblematica per il nostro sistema-paese”, ha dichiarato il segretario nazionale Fiom Cgil Michele De Palma: “Da tempo chiediamo al governo un piano di politica industriale per l’automotive, ma continuiamo a vivere di emergenze. Abbiamo di fronte due strade: investire su innovazione e occupazione, oppure accompagnare la crisi”. Obiettivo della mobilitazione è “realizzare quanto previsto dall’accordo per l’innovazione necessaria al futuro dei lavoratori di Cnh Industrial, a partire dall’Iveco di Brescia, la Construction di Lecce e la Pwt di Foggia, visto che già i lavoratori di Pregnana Milanese e San Mauro Torinese sono in una situazione di ristrutturazione e reindustrializzazione”.

La mobilitazione, si diceva. A Lecce si svolge oggi (giovedì 9 luglio) l’assemblea dei lavoratori, che deciderà le iniziative di lotta per le prossime settimane. A Brescia le prime due ore di stop si sono già tenute mercoledì 8. I due stabilimenti sono in prima linea perché sono quelli su cui Cnh Industrial sta riconsiderando la propria posizione. Nell’impianto lombardo erano attesi investimenti per circa 70 milioni di euro per nuove produzioni (il Daily 4x4 a uso civile) e per la linea di elettrificazione dei veicoli Daily e dei camion Eurocargo. In quello pugliese, dove “nessuna riorganizzazione è stata prevista – spiega una nota sindacale – e, anzi, era stato immaginato un robusto incremento dei volumi, si registra una forte sofferenza dovuta al calo degli ordinativi, che sta spingendo addirittura la direzione aziendale a riconsiderare il piano industriale”.

A Brescia la protesta è stata indetta nelle prime due ore di ogni turno di lavoro, con sciopero e assemblea pubblica. “L’accordo del 10 marzo - ha detto il segretario della Fiom territoriale Antonio Ghirardi - dava speranze a uno stabilimento che ha oltre 100 anni di storia, che è arrivato a contare fino a 6 mila dipendenti, e che è stato oggetto di una ristrutturazione continua”. Francesco Bertoli, segretario generale della Cgil bresciana, ha concluso sottolineando la necessità di coinvolgere istituzioni locali e governo nazionale, così “da garantire l'occupazione e mantenere in vita un pezzo fondamentale della storia e dell'economia del nostro Paese”.