Sospeso perché chiedeva di fare rispettare la legge, voleva tutelare la salute di colleghi e clienti, cercava di ridurre il rischio contagio nel suo posto di lavoro. Succede anche questo in tempo di Coronavirus, a Montanaso Lombardo, a pochi passi da Lodi, e qualche chilometro da uno degli epicentri della pandemia, in un supermercato Il Gigante. Lui è un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, un delegato Filcams Cgil. Marcello Messina, da vent’anni dipendente del supermercato, da 16 Rls, oggi si ritrova con due sanzioni disciplinari, una di undici giorni e un’altra di quattro, quest’ultima non retribuita, per aver segnalato assembramenti, casse aperte al pubblico troppo vicine, procedure non corrette. Insomma, per aver fatto il suo dovere.

“Il culmine delle irregolarità è stato raggiunto quando è venuto il medico del lavoro – racconta Messina -. Si è presentato senza dispositivi di protezione individuale, senza camice, senza guanti, senza la carta per coprire il lettino. E le visite le voleva fare nell’ufficio del direttore dell’ipermercato, che a me non risultava sanificato. I colleghi avevano paura, non volevano farsi visitare a quelle condizioni, uno è stato sospeso per 15 giorni perché si è rifiutato. Io ho denunciato la situazione, chiesto che si facesse tutto secondo le regole, che si rispettasse il protocollo. Risposta: mi hanno contestato che non ho le competenze sanitarie per giudicare e mi hanno mandato cinque lettere di richiamo”.

Marcello ha dalla sua parte il sindacato, la Filcams di Lodi e quella regionale, la Camera del lavoro. Tutti schierati con lui perché tutelare la salute non può essere considerato abuso di potere, invocare controlli non è sbagliato, anzi. “Oltre a contestare l’operato del medico del lavoro, il delegato a fine aprile aveva segnalato assembramenti specie nelle ore di punta, alle 10 e alle 16 – spiega Ivan Cattaneo, della Filcams Cgil –. Si tratta di episodi che risultano anche alla Cisl. L’azienda ha negato e lo ha sospeso cautelativamente. Martedì scorso l’Ats, l’azienda sanitaria, ha effettuato un’ispezione al punto vendita insieme ai vigili del fuoco e ai carabinieri dei Nas, vedremo quali sono le risultanze”. Ma quella che sta vivendo Marcello pare non sia l’unica vicenda del genere. “In questi mesi ci sono arrivate diverse segnalazioni da altri punti vendita della stessa insegna che non hanno rispettato le prescrizioni di governo e Regione – dice Elvira Miriello, della Filcams Cgil Lombardia -. E ogni volta che un delegato sindacale ha alzato la mano, l’azienda ha reagito con un atteggiamento di lesa maestà. Se è una precisa strategia aziendale, troverà tutta la nostra opposizione”.

L’ultimo capitolo dell’odissea di Marcello si consuma sabato  23 maggio. Appena rientrato al lavoro, mentre sta per uscire con la spesa fatta a fine turno, viene fermato per un controllo. L’addetto alla sicurezza vuole vedere un prodotto specifico che c’è nella busta, una confezione di carne tritata che si ipotizza non essere quella battuta sullo scontrino. “Ho chiamato io stesso i carabinieri: l’azienda mi ha denunciato per furto aggravato e io ho presentato un esposto. Una messinscena ordita apposta, che sa proprio di persecuzione. Non hanno neppure trattenuto la confezione di carne, non c’è nessuna prova a mio carico” . Dall’azienda non vogliono commentare l’accaduto, perché è in corso un provvedimento disciplinare a carico del dipendente e perché sono state sollevate accuse pesanti.

“Noi impugneremo la lettera di contestazione, ci sarà un incontro per le controdeduzioni, ma la vicenda purtroppo andrà per le lunghe – dice Cattaneo -. Ne stiamo facendo un caso politico perché lo è. Qui non si sono limitati ai richiami e alle sospensioni, c’è una denuncia per furto che forse porterà al licenziamento. E se anche dovessero cadere le accuse, e il giudice ordinasse il reintegro, ve l’immaginate un dipendente che ritorna sul posto di lavoro con tutto questo pregresso? Ipotizziamo che l’azienda abbia una condotta antisindacale, che i suoi comportanti siano intimidatori perché a essere perseguito è un delegato e perché non è il primo e unico caso. Abbiamo fatto un volantinaggio davanti al supermercato, sabato (30 maggio, ndr) una giornata di mobilitazione”.

In questo momento Marcello ha bisogno della solidarietà del sindacato, dei colleghi, dei cittadini. Ha fatto il suo lavoro, come delegato e rappresentante della sicurezza ha dovuto esporsi e per questo sta pagando in prima persona. Fare il sindacalista sul posto di lavoro può essere difficile, spesso ci vuole coraggio, anche nel 2020, anche in tempo di Coronavirus.