La posta in gioco è alta: tra i 10 e gli 11 miliardi di euro. Si tratta delle risorse relative ai Fondi Strutturali Europei che sono destinate alle regioni del Sud nell’ambito degli interventi sulla coesione sociale. Il governo sta però lavorando ad una riprogrammazione per cercare di rispondere alle drammatiche esigenze sociali delle regioni più colpite dalla pandemia, che sono soprattutto quelle del Nord. Si è innescato quindi un dibattito pubblico che può generare un conflitto inedito tra Nord e Sud. Le regioni settentrionali accusano quelle meridionali di non aver speso finora quei soldi e di lamentarsi che ora vengano spostati al Nord. Le regioni meridionali, da parte loro, gridano invece al “furto” e al rischio che alla fine ne esca un Paese ancora più spaccato. Nel dibattito sono intervenuti anche autorevoli studiosi e commentatori. Come stanno davvero le cose? Quali sono le intenzioni reali del ministro Provenzano che ha spiegato di recente ai sindacati confederali le possibili soluzioni? Lo abbiamo chiesto a Gianna Fracassi, vicesegretaria generale della Cgil che ha partecipato a tutti gli incontri (a distanza ovviamente) con il governo.

Fracassi, si ripete una scena del passato quando con il governo Renzi sono state cambiate le destinazioni dei Fondi Strutturali europei?

Non è la stessa scena. Allora il presidente Renzi scelse di destinare una parte del Fondo sviluppo e coesione - che costituisce il salvadanaio di risorse nazionale finalizzato alla coesione - ad altre destinazioni. In particolare quei soldi vennero messi nella posta della decontribuzione. Le risorse vennero spostate rispetto alla loro destinazione naturale cioè il sostegno alle politiche di coesione e sviluppo del paese e quindi non spese a favore del Sud e mai reintegrate. In questo caso, il percorso dovrebbe essere diverso. Almeno secondo quello che ci ha fatto sapere il ministro Giuseppe Provenzano. Si tratterebbe di una sorta di prestito perché le risorse - in questo caso dei Fondi strutturali- verrebbero utilizzate oggi per far fronte all’emergenza nazionale determinata dal Covid e reintegrate attraverso il fondo sviluppo e coesione per le regioni del Mezzogiorno. Ci sarebbe per la precisione una compensazione. Il ministro ci ha anche spiegato che avrebbe lavorato ad un accordo con le Regioni per ottenere il via libera. Ma quell’accordo ad oggi non è ancora chiuso.

Ma come giustifica il governo questa scelta?

Prima di tutto dobbiamo precisare che stiamo parlando della possibilità per le regioni - tutte- di rimodulare una parte delle risorse di Fondi non ancora spesi. Voglio sottolineare questo aspetto, perché è parte di un impegno importante della Commissione europea che comporterà una flessibilità ancora più ampia nell’utilizzo dei Fondi Ue, prevedendo la semplificazione delle procedure amministrative, l’eliminazione del vincolo della concentrazione tematica e la possibilità di trasferire risorse da un Fondo strutturale all’altro. Non mi piace però il dibattito pubblico che si è sviluppato su questo punto: abbiamo, e lo sappiamo bene, un problema nella spesa Fondi europei e dall'altro abbiamo una emergenza che sta travolgendo il nostro paese. Credo sia proprio in momenti come questi che dobbiamo utilizzare le risorse disponibili per sostenere uno sforzo straordinario, garantendo allo stesso tempo lo stesso livello di impegno anche rimodulato nel tempo. Per noi, che ci battiamo da anni per un rilancio di un vero e proprio piano straordinario per il Sud e che abbiamo ottenuto che le risorse ordinarie dello stato fossero riequilibrate sulla base della popolazione residente nel Mezzogiorno, l’obiettivo primario resta quello di scongiurare l’aumento dei divari sociali e territoriali. Al ministro Provenzano abbiamo chiesto che la rimodulazione di circa 10 miliardi abbia come priorità interventi di natura sociale, sia per dare risposte alle fasce più deboli della popolazione che per sostenere la rete sanitaria e assistenziale, l'istruzione e il lavoro”. Per la vicesegretaria generale “in questa fase, emergenza e prospettiva devono essere coniugate affinché le finalità legate alla convergenza e alla coesione dei fondi europei vengano preservate. Inoltre, abbiamo chiesto che vengano evitate sovrapposizioni tra interventi nazionali e regionali. Questo non sarebbe molto comprensibile”.

C’è però chi parla di un Piano per il Sud (annunciato dal governo prima della pandemia) ormai gettato nel cestino. Sarà così?

Non deve esser così. Non si può abbassare la guardia. Noi crediamo che occorra fare esattamente il contrario. In questa fase è fondamentale, vista l'emergenza pandemica, accelerare alcune misure contenute nel Piano Sud, e che il confronto prosegua su entrambi i temi rimodulazione dei fondi Ue e Piano Sud. Negli incontri avuti finora con il governo, abbiamo sempre sostenuto che la rimodulazione dei Fondi strutturali europei, deve rispondere alle necessità dell'emergenza sanitaria economica e sociale e che tale riprogrammazione deve tenere conto del carattere strutturale dei Fondi Ue di sostegno all’occupazione e allo sviluppo, creando nuovi posti di lavoro e aiutando quanti hanno perso l’impiego temporaneamente o in modo permanente. In questa fase è fondamentale per la Cgil coniugare l'emergenza con la prospettiva, per preservare le finalità legate alla convergenza e alla coesione dei Fondi europei e scongiurare l’aumento dei divari sociali e territoriali. Accelerare il Piano Sud significa per noi rafforzare il sistema sanitario del Mezzogiorno e farlo in modo straordinario con risorse straordinarie in ragione dell'emergenza sanitaria che ci accompagnerà purtroppo per molto tempo. E ancora significa rafforzare il sistema dell'istruzione: il lockdown ha messo in evidenza tutte le fragilità su questo versante con l'impossibilità o la grande difficoltà di accedere alla didattica a distanza per un digital divide che è superiore nel Sud. Allora investire nella scuola e nella formazione in particolare ampliando il tempo scuola, mettendo a norma gli edifici scolastici magari garantendo l'efficienza energetica. Provare cioè a affrontare questa fase con una idea di prospettiva e di sviluppo. Per questo è molto importante proseguire il confronto a tutti i livelli nazionale e regionale, rappresentando con determinazione i bisogni di coloro che rappresentiamo, in un quadro di interessi generali. Lo abbiamo sempre fatto anche nei momenti più bui e difficili della nostra storia.