Era appena lo scorso 3 dicembre quando il gruppo Unicredit ha presentato un ambizioso piano industriale denominato "Team 23". Il mercato accolse con favore quel progetto che prevedeva consistenti utili nel successivo quadriennio e altrettanto consistente redistribuzione agli azionisti della ricchezza prodotta. La questione assunse una dimensione che andò oltre gli addetti ai lavori. Il grande pubblico, a tutti i livelli, fu coinvolto tramite i media. Infatti il piano prevedeva anche 8 mila esuberi e le organizzazioni sindacali presero posizione contro una potenziale redistribuzione di ricchezza agli azionisti a scapito dell’occupazione. Intervennero con forza i massimi vertici dell’organizzazione. Il segretario generale delle Cgil Maurizio Landini e il segretario generale dei bancari della Cgil Giuliano Calcagni si espressero con fermezza contro questa eventualità.

Nelle settimane successive fu chiarito che gli esodi sarebbero stati gestiti tramite l’ammortizzatore sociale di settore e mediante incentivi all’esodo volontario. Rimanevano sul tavolo la questione occupazionale, altri temi che avrebbero interessato la vita lavorativa di migliaia di impiegate/i e la conferma della presenza in Italia di uno dei principali gruppi bancari europei. "Sin da subito – spiegano in casa Fisac Cgil – abbiamo iniziato a valutare e definire le necessarie priorità in continuità con la filosofia già espressa in fase di rinnovo del Ccnl di settore e le opzioni politiche della Cgil: riduzione degli esuberi, e contestuale assunzione stabile di un cospicuo numero di lavoratori e rafforzamento e spostamento di lavorazioni nel Mezzogiorno".

La lettera per l’avvio della procedura arrivata il 10 febbraio, in ritardo rispetto alle aspettative, conteneva questioni che coinvolgevano la vita di chi nel mondo del lavoro ci stava da molti anni e poteva uscirne, la vita di coloro che in banca sarebbero rimasti e anche il futuro di coloro che avrebbero potuto entrarvi. In quei giorni il Covid19 era nella fase iniziale della sua diffusione e si è rivelato in breve tempo una drammatica pandemia, determinando una fase di enorme incertezza con inevitabili ripercussioni sulla possibilità o meno di condurre una trattativa così importante in condizioni inedite. La Fisac Cgil si è impegnata con fermezza affinché si procedesse facendo ricorso a tutti i mezzi che la tecnologia mette a disposizione: "Siamo andati avanti non senza fatica tanto per la segreteria nazionale, quanto per la segreteria di coordinamento. Tenere l’intero quadro dirigente a bordo e utilizzarne le singole competenze ha significato raddoppiare il numero di riunioni in una situazione che ci vedeva anche impegnati nella contingente gestione delle ripercussioni che i vari Dpcm con il passare dei giorni andavano determinando nel Paese e nella gestione del disagio di lavoratrici e lavoratori del credito che svolgono con sacrificio un servizio pubblico essenziale".

Oggi un accordo c’è. "Un accordo già di straordinario valore in tempi normali – afferma il sindacato dei bancari Cgil – e che assume ancora più peso oggi per la inedita situazione del Paese, anzi, del mondo". È un accordo che comprende e presenta punti di pubblico interesse in un settore come quello delle banche che sono aziende private che svolgono attività di interesse collettivo. Nel gruppo Unicredit, nei prossimi quattro anni, saranno assunte 2.600 persone con contratti stabili: tempo indeterminato o apprendistato, consapevoli che nel settore gli apprendisti sono sempre confermati, così come sono stati confermati, anche con questo accordo, i circa 900 apprendisti in scadenza. 

Le uscite sono state ridotte a 5.200, tutte rigorosamente volontarie e incentivate. E con 800 riconversioni professionali fornendo risposte a quanti sono volontariamente intenzionati a uscire dalla banca e cogliendo l’esigenza di creare buona e stabile occupazione per le giovani donne e i giovani uomini del nostro Paese, prevedendo per questa tipologia di assunzioni, un versamento aggiuntivo aziendale al fondo pensione di gruppo per i primi tre anni dando valore alle pensioni delle più giovani generazioni. Anche per il Mezzogiorno si sono ottenute risposte importanti prevedendo un impegno strategico attraverso la costituzione di un nuovo “polo” di lavorazioni in Sicilia e il rafforzamento nonché il trasferimento di nuove attività in Campania.

"Per lavoratrici e lavoratori che resteranno in servizio e meritano di essere ripagati – concludono dal sindacato – per l’impegno profuso ogni giorno, particolarmente in questa difficile fase, si è contrattato un aumento del premio di produttività e un aumento del ticket pasto. Si prevede, inoltre, di aprire una successiva fase di contrattazione per definire nuovi percorsi professionali nelle aziende del gruppo, nonché la declinazione in concreto di alcune tematiche che riguardano la vita di lavoratrici e lavoratori di Unicredit. Un accordo che guarda al futuro in cui le parole giovani, pensioni, formazione e mezzogiorno si tramutano in accordi sindacali, in investimenti di cui l’Italia ha ed avrà bisogno per affrontare il tempo che la storia ci consegna".