Sono tantissimi i lavoratori dipendenti privati marchigiani che dovrebbero continuare a lavorare perché, nel Dpcm di domenica scorsa, la loro attività rientra tra quelle che il governo considera essenziali: ma non era questo che si era deciso nell'incontro con i segretari di Cgil, Cisl e Uil.

La Cgil Marche stima che si tratti del 42% del totale dei lavoratori dipendenti privati: un numero assolutamente troppo alto se si considera l’emergenza sanitaria in atto. La situazione nelle diverse province è piuttosto differenziata: si passa dal 51% di Ancona, al 45% di Ascoli Piceno,il  40% di Macerata, il 36% a Pesaro Urbino e il 25% a Fermo.

La stima è stata realizzata estrapolando i dati di un Osservatorio con le aziende registrate nelle Marche, che presentano i codici Ateco previsti dal Dpcm del 22 marzo, ma ad essi andrebbero aggiunti anche quelli delle aziende registrate in altre regioni, oltre a quelli di datori di lavoro non tenuti alla registrazione.

In questi numeri sono ricompresi anche tanti lavoratori e lavoratrici occupati in aziende che hanno già fatto o stanno facendo ricorso agli ammortizzatori sociali, così come quelli, che può svolgere la propria attività in smart working, quindi senza recarsi sul luogo di lavoro. Resta comunque un numero troppo elevato se si considera l’esigenza di ridurre al massimo gli spostamenti e i rischi di contagio.

Occorre rilevare poi che non sempre i codici Ateco con cui le aziende sono registrate consentono di evidenziare che l’attività svolta sia effettivamente considerata come essenziale: solo per fare un esempio, al codice Ateco 204200 corrisponde non solo la fabbricazione di prodotti igienici ma anche profumi e cosmetici.

Dunque, il decreto ha maglie troppo larghe considerando come essenziali delle attività che non lo sono affatto. Per questo è urgente che vengano definite in modo rigoroso quelle che sono le reali attività essenziali al Paese. Questo è ciò che ci aspettiamo dall’incontro di queste ore tra i segretari di Cgil, Cisl, Uil e il governo.

Se non dovesse accadere, proseguiranno mobilitazioni e scioperi perché la salute delle persone, anche nei luoghi di lavoro, deve venire prima di tutto. Difendere la salute di chi lavora è l'unico modo per ripartire quando questa tragedia sarà finita.

(Daniela Barbaresi è segretaria generale della Cgil delle Marche)