I sindacati di categoria del settore creditizio scrivono al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte per chiedere la chiusura per 15 giorni di tutti gli sportelli bancari su tutto il territorio nazionale, con un provvedimento straordinario. La lettera dei segretari generali di Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin – Lando Maria Sileoni, Riccardo Colombani, Giuliano Calcagni, Massimo Masi, Emilio Contrasto – segue la risposta negativa dell’Abi (l’Associazione italiana delle banche) alla medesima richiesta, formulata a tutela dei lavoratori e della clientela tutta, “evitando che le filiali si trasformino in luoghi di contagio e propagazione” del virus Covid-19. 

I sindacati avevano sollecitato in precedenza l’Abi per il pieno utilizzo degli strumenti di lavoro alternativi come lo smart working, “denunciando la massiccia affluenza di clientela presso gli sportelli bancari, anche per svolgere operazioni non urgenti”. L’Associazione aveva raccolto l’appello sollecitando tutta la clientela a recarsi in filiale solo se necessario e indispensabile. Secco no, invece, per la chiusura temporanea degli sportelli. 

A Giuliano Calcagni, leader della Fisac Cgil, abbiamo chiesto: esiste già un bilancio sul contagio da Covid-19 per i lavoratori del settore bancario e assicurativo?

Sono a conoscenza di diversi casi di colleghi contagiati, al momento conto circa trenta lavoratori e un caso di morte. La situazione sanitaria è tragica, specialmente a Bergamo, è molto preoccupante, soprattutto in Lombardia, ma anche in Veneto, in Emilia Romagna. Ho avuto anche notizia di un capo delle relazioni sindacali che si è sottoposto oggi al tampone perché pare essere un caso sospetto.

Tutti gli operatori sono in possesso di mascherine e guanti? E sono stati montati schermi di plexiglass per chi è a contatto con il pubblico? Sono rispettate le norme di sicurezza governative?

Le mascherine non le ha quasi nessuno, perché non si trovano. Un’azienda ne ha comprate 10 mila, ma sono state sequestrate dalle autorità, giustamente, per gli operatori sanitari. Quindi, niente guanti e mascherine: sino a ieri molte agenzie denunciavano il mancato rispetto delle misure di sicurezza. In alcune aziende sono stati montati gli schermi di plexiglass e noi stiamo spingendo per dotare tutte le realtà di queste misure. Noi abbiamo fatto un protocollo di categoria, ma il problema è l’applicazione puntuale e pedissequa delle norme. Abbiamo anche chiesto ai delegati di chiamare le autorità se non sono rispettate le norme, di avviare procedure e, nel caso, di chiudere gli uffici. Nel Bergamasco e nel Bresciano la situazione è drammatica. Si potrebbero chiudere gli sportelli per 3-4 giorni alla settimana, visto che le operazioni necessarie si possono fare da remoto, ai bancomat o via internet.

Come valutate il provvedimento “Cura Italia” e quali sono per il settore le norme più importanti?

Il decreto mi pare un buon primo passo nella direzione giusta, perché lo Stato presta attenzione ai lavoratori e alla popolazione, ma servirà ben altro da qui a 40 giorni. Credo che la recessione ci porterà a una pesante perdita di Pil. Personalmente ho un osservatorio legato alle questioni finanziarie e le perdite delle borse corrispondono alla perdita di valore delle più importanti società italiane, con una scorribanda dall’estero per le più importanti società bancarie. È un problema serio, perché espone a rischi di trasferimenti dei luoghi dove si prendono le decisioni finanziarie, dall’Italia all’estero. Nello specifico del decreto, due sono le misure per noi significative: l’insieme di norme che riguardano la genitorialità e la cura, vale a dire soprattutto permessi e congedi, perché questo significa che il governo ha recepito le richieste; poi le disposizioni che permette ad aziende, non bancarie intendo, soprattutto piccole, di continuare ad avere un po’ di liquidità.