Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge per l’attuazione del Pnrr che si apre con le misure dedicate al turismo. Le risorse per questo settore saranno gestite gran parte attraverso il credito d’imposta, che servirà a finanziare un superbonus dell’80% sulle ristrutturazioni alberghiere, a cui può sommarsi un intervento a fondo perduto di un importo massimo di 40.000 euro. L’importo può salire fino a 100.000 euro, se una parte rilevante dell’investimento è in funzione della digitalizzazione o viene fatta da imprese con presenze qualificate di giovani e donne o che abbiano sede al Sud.

C’è un ulteriore intervento a sostegno dell’imprenditoria giovanile, attraverso la costituzione di un fondo speciale dedicato al turismo nel fondo di garanzia per le Pmi finanziato con 358 milioni di euro. Altri interventi consistenti sono di 500 milioni su Roma Caput Mundi, di fatto le opere per il Giubileo del 2025, e di 114 milioni di euro per il Digital Tourism Hub, cioè per una piattaforma nazionale sull’offerta turistica.

Cosa manca? Quello che temevamo. Innanzitutto un'idea compiuta di sviluppo del Paese che tiene legati i diversi piani del Pnrr, con una capacità progettuale e di indirizzo integrata sulle reti e sui servizi, sulla riqualificazione ambientale ed energetica, sugli interventi per la salvaguardia dell’immenso patrimonio artistico e culturale italiano ad una delle principali industrie di questo Paese che è il turismo. Anche le forme di finanziamento scelto, con un generico credito d’imposta, erogato a fronte di bandi e risorse a pioggia, non ci pare vada nella direzione della qualificazione dei progetti e delle imprese. Certo è ossigeno per l’economia, che male non farà, ma rischia di sprecare l’ennesima occasione di determinare un salto di qualità del sistema Paese, di cui ha bisogno un settore trasversale come il turismo.

L’altro aspetto è il fatto che non si parla di lavoro e di lavoratori. Non una parola o un euro sulla qualificazione e formazione del lavoro. Non un vincolo per legare gli investimenti di risorse pubbliche alla crescita dei posti di lavoro e della buona occupazione, che garantisca contratti dignitosi in un settore attraversato da una forte evasione fiscale e contributiva con forme di sfruttamento, lavoro irregolare e precarietà spesso non giustificate dalla stagionalità. Il Pnrr è un'occasione irripetibile che va utilizzata per recuperare i tanti gap strutturali, migliorare la qualità della vita, del lavoro e dell’ambiente e rilanciare alcune grandi eccellenze del Paese che faranno da volano alla crescita e ci terranno ancorati ai Paesi più evoluti del mondo.

Senza timore di smentita il turismo per l’Italia è più che un'eccellenza: è una vocazione alimentata da un patrimonio storico, archeologico, artistico, culturale, ambientale, enogastronomico senza eguali che distingue il nostro Paese nel mondo. In questo Paese si farà turismo comunque, persino a prescindere dalle decisioni della sua classe dirigente. Ma le giuste politiche faranno la differenza tra un turismo di qualità che tende ad esaltare le bellezze e le culture che abbiamo, rispettando l’ambiente e il lavoro, e un turismo del consumo che lascia cicatrici sul territorio, costose da riparare per i contribuenti, e produce uno sviluppo malato che alimenta l’evasione e la povertà delle comunità.

Sarà necessario che il governo provi ad aggiustare subito il tiro, già in fase di realizzazioni dei bandi, e si renda disponibile al confronto con le Regioni e le parti sociali: con l'obiettivo di attivare progetti aderenti alle vocazioni turistiche, culturali e ambientali territoriali e che abbiano effetti socio-economici positivi soprattutto sulle future generazioni di cui a parole tutti dicono, spesso a sproposito, di volersi interessare. Una delle ragioni per cui è nato il governo del tecnico Draghi era quella non solo di spendere, ma di utilizzare bene i fondi del Pnrr. Sarebbe utile cominciare a farlo e sul turismo, e forse non solo su quello, non è ciò che rischia di succedere.

Come Cgil noi dovremo fare, a tutti i livelli, ciò che sappiamo fare, cioè coinvolgere i lavoratori e attivare due fronti vertenziali: da un lato bisognerà spingere perché si convochino i tavoli con le istituzioni pubbliche, perché ci sia trasparenza sull’uso delle risorse, vincoli sociali e capacità progettuale e di integrazione tra le misure del Pnrr. Dall’altra parte bisognerà costringere le imprese ad utilizzare gli interventi del Pnrr non solo per rivalutare il patrimonio immobiliare delle aziende, ma per riqualificare l’offerta e i servizi turistici, aumentare i numeri degli addetti, elevare la qualità e la sicurezza sul lavoro e migliorare la condizione contrattuale dei lavoratori.

Maurizio Calà è coordinatore Ufficio Politiche dei servizi e del terziario della Cgil Nazionale