Il 7 ottobre dev’essere un punto di svolta, l’avvio di una nuova fase di impegno e di lotta sociale. L’Anpi caratterizza la sua presenza con questo slogan: prima di tutto la pace. Ci pare infatti necessario e urgente un movimento di popolo per il negoziato, considerando lo stallo della situazione militare, l’oltranzismo di entrambe le parti dopo l’invasione russa dell’Ucraina e il fallimento di fatto da tutti i punti di vista della recente assemblea generale delle Nazioni Unite.

Nei giorni scorsi il segretario generale della Nato ha dichiarato: “Dobbiamo prepararci a una lunga guerra”. Chi si deve preparare? La Nato? E dunque l’Unione Eeuropea, attualmente appiattita sulle posizioni dell’alleanza militare? E perciò anche il nostro Paese? Con quale mandato popolare? Con quali conseguenze per l’economia e la vita quotidiana di decine di milioni di persone? Con quali pericoli di incidenti nucleari? E, specialmente, a quale prezzo di sangue degli ucraini?

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I fatti hanno dimostrato, diversamente dal mainstream dei media e di tanta parte della politica che da più di un anno inquina il dibattito pubblico, che la combinazione fra l’invio delle armi e le sanzioni non ha avuto affatto l’effetto di avviare la conclusione del conflitto: si è elevata a livelli esponenziali l’escalation per di più in un mondo in ebollizione.

Come non vedere la spinta a una nuova geografia mondiale di tipo multipolare che proviene dall’Asia, dall’Africa, dall’America Latina? Come non condividere la visione di Papa Francesco che denuncia la terza guerra mondiale combattuta a pezzi ed evoca e invoca la pace come priorità assoluta? Capovolgiamo i paradigmi dei tanti dottor Stranamore che tanto avvelenando la nostra vita, in Russia e in Occidente. Altro che prepararci a una lunga guerra! Meglio prepararsi a una lunga pace.

Sappiamo che il 7 ottobre non è solo questo, ma è anche l’appuntamento che mette a tema il contrasto non solo a una politica economica e sociale che ha portato, sta portando e porterà al rapidissimo declino del Paese, ma anche alle idee di autonomia differenziata e di premierato che avrebbero, se realizzate, effetti catastrofici per la democrazia, l’unità e l’eguaglianza dei diritti.

A maggior ragione oggi l’appuntamento del 7 si carica di valore, considerando la vera e propria ossessione securitaria di cui sta dando prova il governo in queste settimane: per i migranti, per il disagio giovanile, per il decreto Caivano, persino per il codice della strada. Questo governo è portatore di una cultura dell’emergenza, della discriminazione, della sanzione e della punizione, tipica dei regimi autoritari e repressivi, e rivela la visione di una società gerarchica. Tutto il contrario del Paese a cui pensavano le partigiane e i partigiani.

Dal ripudio della guerra alla centralità del lavoro al rilancio del welfare al principio di uguaglianza al valore della solidarietà o più semplicemente all’umanità, il 7 ottobre deve avviare un tempo di unità e di lotta per un’altra Italia, quella disegnata dalla Costituzione nata dalla Resistenza e mai pienamente realizzata. Si dia inizio alla stagione di una grande protesta e una grande proposta.

Gianfranco Pagliarulo, presidente Anpi