Tre di notte, Francavilla Fontana. Le donne sono già in piazza. Tutte hanno delle buste di plastica, quelle della spesa: dentro un cambio di indumenti, acqua, un panino, per affrontare la lunga e calda giornata. La più giovane avrà meno di 30 anni, la più grande oltre i 50. Attendono al buio, in strada, decine e decine di pullman da 50 posti. Qui il caporalato viaggia su mezzi granturismo ma le condizioni di lavoro, di salario di piazza, non sono tanto diverse da quelle dei braccianti stranieri che affollano i “ghetti” della Capitanata. Nessuno rispetta i contratti da 50-60 euro a giornata, quando va bene ne prendono la metà.

Francavilla Fontana è il centro di raccolta, arrivano da tutti i comuni del territorio spesso su minibus, il caporalato funziona come un vero e proprio tour operator. Si parte presto perché si arriva fino alle campagne del Metaponto o del Barese. Si va dove c’è lavoro, che siano la raccolta delle fragole, dell’uva o le aziende di trasformazione dei prodotti agricoli.

Ha voluto conoscere da vicino questo fenomeno il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, in Puglia per una due giorni di iniziative. Ieri pomeriggio a Oria, sempre nel Brindisino, a parlare di illegalità in agricoltura. Nel pomeriggio poi a Foggia, a Borgo Mezzanone, dove insiste il più grande villaggio spontaneo di lavoratori stranieri, che nei periodi di raccolta del pomodoro arriva a ospitare in condizioni di insalubrità e insicurezza fino a quattromila persone.

Alle tre di notte è salito su uno dei pullman pronti per partire, con lui il segretario generale della Flai, Giovanni Mininni, i segretari generali della Cgil Puglia e di Brindisi, Pino Gesmundo e Antonio Macchia, i vertici della Flai regionale e brindisina, Antonio Gagliardi e Antonio Ligorio.

“Siamo qui perché la Cgil e la Flai operano per migliorare le vostre condizioni di lavoro. Avete tutta la nostra vicinanza e solidarietà e siamo sicuri che assieme possiamo e dobbiamo recuperare tutti i diritti che non vi sono riconosciuti, dal salario alle ore di lavoro da contratto a un trasporto sicuro. Se avete bisogno di informazioni non esitate a chiedere”, ha detto loro Landini. Un po’ sorprese, un po’ intimidite, qualcuna anche intimorita - la legge del caporale è impietosa, chi si lamenta o denuncia rimane a casa il giorno dopo - le lavoratrici hanno ascoltato in silenzio le parole dei dirigenti della Cgil.

“Questa rete di trasporto, capillare, è organizzata dai caporali - spiega Pino Gesmundo - ed è un costo per le lavoratrici che si vedono detratte la somma dalle paghe già misere. Lo ripetiamo da anni sollecitando le pubbliche amministrazioni in primis la Regione Puglia. Per togliere potere ai caporali vanno aggrediti due aspetti: l’intermediazione, rafforzando soprattutto nei periodi estivi i centri per l’impiego e predisponendo liste di prenotazione o di disponibilità al lavoro agricolo, dalle quali possono attingere le imprese. Organizzando attraverso bandi, con risorse ad hoc che ci sono, un servizio di trasporto pubblico. Siamo a luglio, le grandi raccolte sono già partite ma quel che manca come sempre è la disponibilità delle imprese a costruire assieme la mappa delle loro necessità circa professionalità e luoghi su cui far confluire il trasporto. A parole sono tutti contro il caporalato ma così facendo si avvalla la pratica insopportabile dello sfruttamento. La dimostrazione sono i tavoli della rete del lavoro agricolo di qualità quasi sabotati dalle imprese”.

I pullman partono, le donne salutano da dietro i finestrini, le facce già stanche per l’alzataccia. La notte è illuminata dai fari dei mezzi. Così vanno le cose, ormai non solo nel Mezzogiorno del Paese. Un made in Italy, quello dell’agroalimentare, sporcato dallo sfruttamento del lavoro.

(foto di Giuseppe Binetti)