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All'Officina Pasolini si percepisce nell’aria un'atmosfera particolare. Il posto è vissuto, sembra essere stato attraversato da migliaia di giovani e dalle loro storie. Officina è un laboratorio di alta formazione professionale e un hub culturale ideato e diretto da Tosca con il patrocinio della Regione Lazio.
“Iniziai negli anni Duemila, in un’industria che non aveva strumenti per parlare di sessismo. Commenti sulle tette o sul culo erano la norma, anche da parte delle donne. Se ti ribellavi, diventavi 'quella difficile'”. Annarita Masullo, docente della sezione Canzone, testimonia la propria esperienza in un’industria musicale che ancora oggi fatica a scrollarsi di dosso sessismo e stereotipi. Fondatrice del festival transfemminista “Mind the Gap” e portavoce di un movimento che ha dialogato con il governo durante la pandemia, Masullo offre una visione disillusa, ma anche un piano di cambiamento.
Giovane, donna e meridionale, si ritrovò a lavorare a Milano, dove quelle tre caratteristiche significavano invisibilità o, peggio, essere ridotta a “carne fresca per i camerini”. Nel corso di questi 20 anni le cose sono migliorate, anche se la strada da percorrere è ancora lunga. Ripensando agli inizi della sua carriera Masullo racconta: “In quel periodo non c’erano parole per spiegare certe cose, non c’era consapevolezza. Il Covid, in qualche modo, ha accelerato questa alfabetizzazione, ma vent’anni fa era un altro mondo”.
Mind the gap
Il 'salto' arriva nel 2020, con lo scoppio della pandemia. Mentre assistiamo al collasso di un’industria la cui unica forza sembra essere stata la rendita di posizione, Masullo riesce a imporsi come portavoce di un’ampia rappresentanza di operatori del settore, avviando un’interlocuzione con il ministero della Cultura che si traduce in decreti salva-musica. “Sono finita al tavolo più importante del governo perché ero preparata. E questo la dice lunga, sia su di me sia sull’impreparazione degli altri. Una realtà piccola come la mia emergeva, mentre le multinazionali non sapevano neanche mettere insieme una frase sensata”.
Con il bagaglio di quest’incredibile esperienza si fa largo in Masullo l’urgenza di immaginare uno spazio dove poter affrontare non solo il gender gap, ma anche tutto quello che riguarda le marginalità e le discriminazioni. Così nasce “Mind the Gap”, un festival che approccia con prospettiva transfemminista intersezionale il razzismo, la disabilità, la discriminazione di genere e la salute femminile nel mondo del lavoro. “Facciamo questo festival per studiare, capire. Nei quattro giorni insieme ogni anno cresciamo e impariamo cose nuove e questo mi dà speranza”.
Rappresentazione e divario
“La rappresentazione è importante - sostiene Masullo - perché una bambina che non vede una batterista non si metterà mai a suonare la batteria. Questo in ogni campo, non solo in quello musicale”. Il basso numero di donne nei ruoli tecnici e creativi, spesso appannaggio di soli uomini, è tanto una causa quanto una conseguenza dei pochi esempi femminili da cui trarre ispirazione.
Prosegue Masullo: “La musica è fatta principalmente da uomini. Chi conosce donne tecnici del suono? Chi conosce produttrici donne? Il punto è che se non esistono esempi femminili, sarà difficile che qualcuna decida di intraprendere quel percorso”.
Il fatto che le donne siano impegnate principalmente nel lato performativo e poco nei ruoli creativi e tecnici è testimoniato anche dalle line-up di alcuni dei principali festival italiani che vedono le esibizioni delle donne in una percentuale minima rispetto agli artisti uomini. Secondo un’analisi Ansa del 2022, in Italia le donne rappresentano solo il 27% degli artisti musicali, il 12,5% dei compositori e un esiguo 2,6% dei produttori. Questa disparità si riflette anche nelle classifiche: tra i 20 album più venduti nel 2021, solo uno era firmato da una donna.
The times they are a-changin’?
La tendenza è confermata da altri dati, quelli di Usc-Annemberg e Spotify relativi al 2020: nell’ambito della produzione musicale globale il rapporto uomo/donna è di 37 a 1, oltre a una presenza femminile limitata al 12% nell’autorialità di testi e musica. Secondo l’Imaie (Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori), in Italia questa disparità è ancora più marcata: solo l'8,15% dei brani incisi nel 2019 era di artiste donne, contro un 91,85% di artisti uomini.
Ma c'è di più. Una ricerca condotta nel 2021 dall'istituto di formazione per i media creativi Sae Institute, riportata nel documento "Women in Music", mette in evidenza come gli stereotipi culturali influenzino la questione di genere nell'industria musicale limitando la percezione della donna artista a un canone predefinito.
La 'donna cantante' è spesso vista come elemento di facciata, le artiste sono figure 'vetrina', utili a catturare l'attenzione, ma raramente riconosciute per il loro talento creativo o produttivo. La marginalizzazione della professionalità delle artiste continua a riproporsi, tuttavia iniziative promosse da organizzazioni come Keychange e SheSaidSo, insieme alla crescente consapevolezza del pubblico, offrono la speranza per un futuro più inclusivo per le donne nella musica.
Masullo, in effetti, vede nella nuova generazione una grande spinta positiva: “Per quanto mi riguarda i ventenni di oggi mi hanno insegnato un nuovo modo di vedere il mondo in un’ottica intersezionale. Si interessano a temi che non gli appartengono direttamente, e questa è una cosa potentissima. Ma ora bisogna prendere gli spazi. La mia generazione ha aperto già diverse porte, ora tocca a loro camminarci attraverso”.
Chitarrista, non è un mestiere per donne
“Il mio primo insegnante mi ha detto che la chitarra non era per me, mi ha detto di smettere. Le donne si mettono molto più in discussione rispetto agli uomini. Negli altri percorsi di studio che ho frequentato le donne venivano trattate peggio. Dopo queste esperienze è naturale che molte di noi lascino perdere. Non è mai stato il mio caso, ma so che per molte è così”. Anche Giada Ferrarin, chitarrista professionista, direttrice d’orchestra, cantautrice e studentessa diplomata a Officina, Giada si è dovuta scontrare con stereotipi pregni di un sessismo latente.
Episodi scoraggianti, che hanno rappresentato una doppia barriera, che però Giada ha deciso di superare: “Io studio, mi preparo al 100 per cento, in modo tale che l’unica cosa che possano dire è che non gli piace come suono. Ma in quanto alla preparazione, non possono dirmi nulla”. Giada riflette su come le donne siano costrette a dimostrare di valere molto di più rispetto ai colleghi uomini per ottenere le stesse opportunità: “Non basta essere brave, bisogna essere impeccabili e avere almeno 15 skill in più rispetto a un uomo”. Nonostante il suo percorso accademico impeccabile ha notato una disparità palese nelle opportunità di lavoro: “Alla fine di un corso accademico, le possibilità venivano offerte ai miei colleghi uomini, mentre io ero esclusa, anche quando era evidente che fossimo sullo stesso livello”.
C'è poi il ruolo dell’estetica nel giudizio delle musiciste: “Una donna deve essere bella e impeccabile sul palco, mentre un uomo può essere semplicemente bravo o, a volte, neanche quello”. E lo stesso vale per le cantautrici: “Se una donna scrive e canta le proprie canzoni, viene chiamata cantante, mentre un uomo nella stessa posizione è definito cantautore. Anche il linguaggio contribuisce a svalutare il nostro ruolo”.