In Italia esiste un’élite salariale, ovvero chi lavora nella finanza, nelle assicurazioni, nelle banche e nell’energia, e c’è una stragrande maggioranza di lavoro povero, a basso salario e precario. Soprattutto nella ristorazione e negli alberghi. Un Paese a due velocità è quello che dipinge l’Inps, secondo i dati dell’Osservatorio statistico su 17,7 milioni di dipendenti del settore privato.

Il divario enorme tra i settori

L’analisi del 2024 consegna un mercato del lavoro che resta attraversato da marcati divari retributivi. Prendendo in esame i dipendenti del settore privato non agricolo, infatti, la retribuzione media si attesta a 24.486 euro lordi annui, ma il divario tra comparti rimane enorme. A peggiorare il quadro è la dinamica dell’occupazione: i nuovi posti si concentrano proprio nei settori dove gli stipendi sono più bassi, aumentando uno squilibrio strutturale che colpisce soprattutto chi vive già condizioni di vulnerabilità.

Finanza, assicurazioni, energia in cima

Ai primi posti troviamo finanza, assicurazioni, energia. In cima alla piramide retributiva si confermano le attività finanziarie e assicurative, che superano i 56 mila euro lordi annui e garantiscono quasi un anno pieno di giornate lavorate. Subito dopo compaiono settori ad alta specializzazione come l’estrazione di minerali (oltre 51 mila euro) e la fornitura di energia e gas (circa 50 mila euro), che risultano caratterizzati da contratti stabili e continuità lavorativa: quasi 300 giornate retribuite l’anno. Una realtà distante anni luce dal resto del mercato, dove la maggioranza dei lavoratori non si avvicina neppure a queste cifre.

Ristorazione, alberghi e minimi salariali

All’estremo opposto della scala si collocano i lavoratori di alberghi e ristorazione, con appena 11.233 euro lordi l’anno e solo 183 giornate retribuite: un simbolo della precarietà endemica di questo comparto. Leggermente meno peggio – si fa per dire – va alle attività artistiche e sportive (15.628 euro) e all’istruzione privata o alle supplenze scolastiche (16.451 euro). Settori dove stagionalità, part-time non scelto e contratti brevi pesano più del titolo di studio o della professionalità.

Le fasce di reddito si muovono molto poco

Nel 2024 si registra un lieve miglioramento nella distribuzione dei redditi: diminuiscono i lavoratori sotto i 25 mila euro, mentre aumentano quelli tra 25 e 45 mila e soprattutto gli oltre 45 mila euro. Un progresso che non modifica la sostanza: quasi la metà dei dipendenti rimane sotto i 20 mila euro lordi l’anno, confermando una polarizzazione salariale che favorisce pochi e lascia indietro molti.

Aumenta solo il lavoro a basso salario

L’altro dato sconcertante, diffuso dall’Inps, è che l’occupazione cresce nei settori con paghe più basse. La dinamica occupazionale del 2024 rende evidente il modello: il 60% dei nuovi posti arriva da tre settori a bassa retribuzione. Gli aumenti si registrano in alloggio e ristorazione (+100.022 addetti), commercio (+66.993) e costruzioni (+38.196).Tutti e tre i comparti hanno un salario inferiore alla media nazionale.

Dilaga il lavoro povero, le donne più colpite

Nel 2024 un terzo dei dipendenti ha avuto almeno un rapporto part-time, ma il divario tra uomini e donne rimane profondo: quasi una lavoratrice su due lavora a orario ridotto, contro il 21% degli uomini.

C’è poi il dato del lavoro povero, che parla da solo: quasi metà dei dipendenti sono sotto i 20 mila euro. Nel dettaglio il 46,1% dei lavoratori dipendenti si colloca sotto i 20 mila euro lordi l’anno. Una quota che si riduce al 27,1% se si considerano solo i lavoratori sempre a tempo: segno che il combinato tra part-time involontario e carichi familiari è sempre più sinonimo di povertà lavorativa e colpisce soprattutto le donne.