Riapre il distretto del cappello della Marca Fermana, ripartono i cantieri per la ricostruzione del centro storico di Camerino distrutto dal sisma dell’ottobre 2016, nel pesarese si rimettono in moto presse e levigatrici nel polo produttivo delle cucine e del mobile in legno. “Una ripartenza lenta, graduata, ordinata”, così la segretaria generale della Cgil Marche, Daniela Barbaresi, definisce il riavvio delle attività nella propria regione, che ha interessato “un numero importante di aziende, anche se in realtà, nelle settimane precedenti, oltre 5 mila imprese avevano già chiesto ai prefetti di lavorare in deroga, dichiarando di far parte di una filiera essenziale”.

Sono 167 mila i lavoratori marchigiani che sono tornati in fabbrica o in ufficio, secondo quanto riporta il Centro studi dei Consulenti del lavoro, pari al 68,8 per cento di quelli sospesi prima del Dpcm del 26 aprile. Manifattura, costruzioni e parte del commercio sono entrati nella cosiddetta “fase 2”, anche se “un numero altissimo di aziende ha fatto richiesta di ammortizzatori sociali: parliamo di 18 mila imprese, i lavoratori coinvolti sono almeno 150 mila”, precisa Barbaresi. “Sulla cassa integrazione – aggiunge – va segnalato che, malgrado le Marche siano per quella in deroga tra le regioni più celeri nella gestione delle pratiche, permane un problema enorme sul fronte dei pagamenti, con ritardi davvero insostenibili”.

Una ripartenza graduata, si diceva all’inizio, con molte aziende che hanno ripreso a ranghi ridotti. “Si sono sicuramente riavviati i reparti di preparazione delle produzioni, ma molte realtà non sono ancora a pieno ritmo”, argomenta la segretaria Cgil, rimarcando soprattutto il tema della sicurezza. “Le grandi imprese si sono attrezzate già da tempo, in molti casi abbiamo discusso e condiviso protocolli, mentre in quelle più piccole registriamo alcune lentezze sul fronte dell’attuazione delle misure di sicurezza”, illustra la leader sindacale, sottolineando che è in corso con l’ente regionale la discussione su uno “specifico protocollo che obblighi tutte le società a inviare alla Regione, a una piattaforma dedicata, le informazioni relative ai provvedimenti adottati, specificando se sono stati condivisi con il sindacato e se sono stati costituiti i comitati di controllo”.

Il trasporto pubblico per ora ha retto l’impatto della ripartenza, ma certamente si vive una situazione di disagio legata al forte ridimensionamento dell’offerta. “Le aziende di trasporto si stanno organizzando per adottare le misure di sicurezza necessarie”, spiega Barbaresi, annunciando che la Cgil ha chiesto alla Regione “di aprire un tavolo di confronto per definire rapidamente la riorganizzazione del servizio in modo da rispondere ai nuovi bisogni”. Per la segretaria Cgil, sarà necessario “intensificare le corse nelle ore di punta, così come diversificare le corse in base allo scaglionamento degli ingressi nei luoghi di lavoro, approfittando del fatto che in questo momento le scuole sono chiuse”.

Le Marche sono state fra le regioni più interessate dal Covid-19. Le persone contagiate (dati aggiornati a martedì 5 maggio) sono state 6.392: i positivi sono 3.235 (di cui 433 ancora assistiti negli ospedali, il restante in isolamento domiciliare), i guariti 2.225, mentre 925 sono i morti dall’inizio della crisi. La provincia più colpita è Pesaro-Urbino, la decima provincia italiana per numero di decessi, che hanno visto un incremento del 120 per cento nel periodo compreso tra il 20 febbraio e il 31 marzo scorso (rispetto al medesimo arco di tempo del 2019). Complessivamente i casi accertati di coronavirus in provincia di Pesaro-Urbino sono stati 2.571, in quella di Ancona 1.819, in quella di Macerata 1.034, nel Fermano 451 e nel Piceno 284.

“Le ripercussioni sul piano economico sono e saranno enormi”, riprende la segretaria generale della Cgil Marche. “Già da prima della pandemia la regione attraversava una situazione di difficoltà, soprattutto per l’industria”, spiega Barbaresi, citando i dati della fine del 2019: “Al netto della cantieristica navale e della farmaceutica, che sono settori con dinamiche particolari, l’export marchigiano registrava un arretramento del 2,5 per cento, mentre contestualmente la cassa integrazione ordinaria e straordinaria raddoppiava rispetto al medesimo periodo del 2018”. Il lockdown dovuto alla pandemia, dunque, è piombato come un macigno su una situazione già complicata.

Le Marche, poi, presentano alcune particolarità. “Questa è una regione ferita dal sisma: il fermo delle attività produttive ha comportato anche il blocco della ricostruzione, con i cittadini delle zone terremotate che sono stati colpiti due volte”, spiega l’esponente sindacale. C’è poi il turismo, che è stato “letteralmente massacrato: si stanno adottando alcune misure per riprendere le prime attività, ma temiamo che la stagione sia ormai ampiamente compromessa, con tutto quello che significa per il lavoro stagionale”.

Di grande importanza per l’economia (ma anche il prestigio) delle Marche sono le produzioni dei distretti industriali delle calzature e del mobile. “I settori stanno riaprendo molto lentamente, tra l’altro finché i negozi saranno chiusi diventa molto complicato riprendere l’attività”, evidenzia Barbaresi, appuntando la propria attenzione, in particolare, sul mondo del calzaturiero. “Le aziende già ragionano direttamente sulla prossima stagione, perché sanno che quella attuale è perduta”, conclude la segretaria regionale Cgil: “Questo ci preoccupa enormemente. Sono realtà produttive che avevano già subìto un forte calo occupazionale dovuto alla crisi economica del 2008, con un indotto di piccole aziende, attorno ai marchi più importanti, che ora si trova in evidenti difficoltà”.