15 anni fa il terremoto che devastò L’Aquila e il territorio della provincia. Abbiamo avuto in queste ore un lungo colloquio con Carmine Ranieri, segretario generale della Cgil Abruzzo Molise, aquilano di nascita. Con lui abbiamo ripercorso le tappe di questi 15 anni, partendo da quella notte e arrivando a oggi.

La notte del 6 aprile 2009: la rabbia

“In quel periodo mi ero trasferito a Pescara perché ero il segretario generale della Funzione Pubblica regionale. Quella notte, a Pescara, sentimmo un terremoto fortissimo. Ci svegliammo di soprassalto e la mia prima preoccupazione fu che l’epicentro potesse essere effettivamente L’Aquila visto che da settimane si avvertivano forti scosse in quel territorio, ma proprio perché persino a Pescara la sensazione fu di una scossa fortissima, pensai che l’epicentro non poteva essere all’Aquila perché altrimenti la città sarebbe stata distrutta. Questa sensazione fu indotta soprattutto da tutte le dichiarazioni fatte da esperti, analisti, dalla stessa commissione grandi rischi in quel periodo. Dichiarazioni che continuavano a tranquillizzare le persone e a dire che non si sarebbe verificato un terremoto devastante all’Aquila. Per questo, quando ho scoperto la verità, la prima reazione è stata di rabbia, per tutte quelle rassicurazioni evidentemente infondate, per aver taciuto la verità, che i terremoti sono eventi imprevedibili”.

Carmine Ranieri, segretario generale Cgil Abruzzo Molise

Il giorno dopo: lo sgomento

"Il giorno dopo mi misi in macchina e guidai verso L’Aquila. Ricordo lo sgomento. Le case e i palazzi crollati. Le macerie. La devastazione del terremoto. E ricordo l’impegno di quei primi giorni. L’ansia di fare subito qualcosa di concreto per aiutare la popolazione colpita. Il campo di Coppito, Murata Gigotti. La solidarietà e il lavoro della Cgil nazionale e di tutte le categorie. I furgoni che portarono i primi aiuti. Biancheria intima, spazzolini da denti, tutto quello che scandisce la nostra cura quotidiana e che le persone, scappando dalle case scosse, si erano lasciate indietro. Per permetterle di lavarsi e di cambiarsi”.

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L’impegno della Cgil

“La Cgil è sempre stata molto presente sul territorio. Subito dopo il terremoto del 2009 l’ondata di solidarietà e l’impegno concreto della Cgil nei confronti della situazione fu straordinario. Vennero compagne e compagni da tutta Italia e di tutte le categorie a dare una mano, a far sentire la propria vicinanza alle popolazioni colpite. Cominciammo fin da subito a ricreare una socialità, organizzammo assemblee pubbliche per capire fin da subito cosa serviva nell’immediato, ma anche per guardare più avanti e provare a immaginare un modello di ricostruzione. Io ricordo lo sconforto di quelle ore tra le persone stravolte dall’emergenza. Fu molto complicato. Un terremoto spezza legami, spezza amicizie, allontana le persone che fisicamente si disperdono una volta che sono costrette a lasciare le proprie abitazioni. Quindi ricostruire la socialità, ricreare la comunità, è una delle sfide più importanti da affrontare”.

Cosa resta di quell’impegno?

"Cosa è rimasto di tutto quell’impegno? È rimasto un legame forte con le persone, con le associazioni con le quali dialogammo e operammo gomito a gomito sul territorio, è rimasta una presenza forte della Cgil sul territorio perché il lavoro della Cgil è proseguito negli anni successivi, declinandosi nella sottoscrizione di accordi importanti per garantire la sicurezza sul lavoro e la legalità nella ricostruzione. Penso all’introduzione del Durc di congruità, penso agli accordi fatti con gli enti pubblici, con l’Inail, con la Asl, sulla sicurezza sul lavoro, sulla formazione nei cantieri. Penso al lavoro fatto per sospendere il pagamento delle tasse a chi aveva perso tutto. Penso all’impegno della Cgil per immaginare una ricostruzione non solo fisica, ma anche economica e sociale della città e che si è concretizzato nell’approvazione di leggi importanti come quella che destinava il 4% dei fondi per la ricostruzione al finanziamento di progetti di natura economica e sociale. E poi ci fu la grande solidarietà di lavoratori e pensionati che, partecipando alla raccolta fondi, hanno permesso la creazione di progetti tra cui “Territori aperti” di cui si è discusso ieri, 5 aprile, presso l’Università con Cisl e Uil alla presenza del segretario generale, Maurizio Landini. Tutto questo per superare quel momento di devastazione e permettere all’Aquila di tornare a vivere e di ricostruire una forte coesione sociale, che aiutasse la ripresa economica e desse un futuro anche alle nuove generazioni”.

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La lezione non è servita a niente

“Ferite come queste non si riescono mai a sanare fino in fondo. Un modo per superarle e andare avanti è quello di pensare che da una tragedia si possa capire come migliorare il mondo. In questo terremoto ci sono stati errori. Non è stata fatta prevenzione, nonostante tutti sapessimo che L’Aquila era una zona sismica. Eppure quando il sisma è arrivato tutti abbiamo pensato che la devastazione si sarebbe potuto evitare. Purtroppo quella lezione non è servita a evitare altre stragi. Nelle tante zone a rischio sismico del nostro Paese le abitazioni non sono state messe in sicurezza. I fondi del Pnrr sono stati dirottati, nell’ultima rimodulazione del piano, dal dissesto idrogeologico verso altre finalità. L’amarezza che resta è che questa tragedia non ci ha insegnato quanto è importante investire nella prevenzione. Stiamo facendo troppo poco. Nella ricostruzione non solo fisica ma anche sociale della città ci sono state tante cose fatte bene, accordi importanti, ma anche tante cose che non hanno funzionato. La sensazione è che non abbiamo imparato la lezione e questo non rende omaggio alle tante vittime di quel sisma”.