Il lavoro di oggi di quanti amministrano le nostre comunità è quello di fare in modo che nemmeno uno degli euro – e sono tanti – messi a disposizione del Pnrr finiscano nelle mani della criminalità organizzata e della corruzione. Roberto Montà è sindaco di Grugliasco e presidente di Avviso pubblico, un'associazione amministratori locali per l'educazione alla legalità, il contrasto alle organizzazioni criminali e l'impegno diretto delle istituzioni territoriali nell'affermazione di regole civili e democratiche e di percorsi di sviluppo che superino le attuali marginalità in cui vivono troppi segmenti della società. Insieme a Libera, alla Cgil e a tante organizzazioni sarà a Napoli per celebrare la Giornata della memoria delle vittime incolpevoli di mafia. Al presidente chiediamo il perché di questa partecipazione.

Tra le vittime incolpevoli delle mafie ci sono i giusti del lavoro, quegli uomini e quelle donne, sindacalisti e amministratori locali e non solo, che facendo il proprio lavoro hanno costituito inciampo per la criminalità organizzata e per questo sono morte.
Oggi leggeremo le piazze di tutta Italia i nomi di tantissime persone che hanno scelto di dedicare la propria vita alla legalità sacrificando quello che c'è di più caro, affetti, lavoro e sacrifici di una vita. Noi come amministratori sappiamo che purtroppo questo è un tema che riguarda direttamente. Il nostro Rapporto amministratori sotto tiro ci consegna il messaggio che ogni 16 ore amministratori e funzionari pubblici che scelgono la via della legalità pagano mettendo a repentaglio il proprio lavoro, gli affetti più cari, la propria vita. Oggi dobbiamo riaffermare nostro impegno, tanto più la presenza vista la presenza delle mafie, della corruzione che è sinonimo di svolgendo il nostro lavoro nel rispetto della Costituzione.

Perché il lavoro può essere uno dei tasselli della costruzione di legalità?
Il lavoro, non solo perché lo dice la Costituzione, è una condizione necessaria per garantire alle persone i propri diritti. È evidente che l'assenza di lavoro, condizioni precarie di lavoro, condizioni difficili danno un grandissimo assist alle mafie, nel senso che consento di costruire quelle condizioni di welfare mafioso, quella loro capacità di essere propositivi nei confronti soprattutto delle fasce più fragili della popolazione, soprattutto nei contesti più delicati, e quindi di costruire consenso. Loro hanno la possibilità in questo modo, offrendo lavoro, offrendo servizi, offrendo denaro di sostituirsi allo Stato e quindi diventare loro il vero interlocutore dei cittadini, di fatto sovvertendo quelli che sono i principi democratici. Bisogna garantire il lavoro, tutelare i diritti dei lavoratori per fare in modo che e mafie non abbiano possibilità in maniera agevole di costruire relazioni con le nostre comunità.

L'edizione di quest'anno della Giornata della memoria delle vittime incolpevoli è dedicata alla terra e alla Comunità, perché? Ce ne spiega il senso?
La terra nasce dal fatto che c'è una grande attenzione, tensione verso quella che è la dimensione ambientale della transizione ecologica. Viviamo un tempo in cui tutti siamo consapevoli di quanto forte sia stata l'aggressione all'ambiente da parte dei paesi più industrializzati, di come sia necessario un cambiamento di cultura. Il filo conduttore, un po’ la violenza, la violenza nei confronti della natura, nei confronti dell'ambiente circostante che è sinonimo anche della violenza con cui le mafie riescono in qualche modo a occupare i territori ad appropriarsene, e a mantenere il controllo.

E poi c'è la questione della comunità e della cultura...
Sì, la più grande reazione a questi fenomeni è la capacità di educare e di educarci come cittadini ad avere rispetto, in primis dell'ambiente in cui viviamo, del territorio in cui viviamo, ma anche della capacità di difendere i valori democratici che sono alla base della di una comunità responsabile. In questo le mafie sono fuori, nel senso che bisogna creare gli anticorpi attraverso un lavoro educativo e d'impegno delle istituzioni locali e delle associazioni per fare in modo che. Purtroppo molto spesso, ancora oggi, le mafie sono considerate come un falso problema perché sono meno violente, meno dirette, fanno meno notizia, ma fanno molti più affari.

Le comunità consapevoli possono essere strumento di contrasto alle mafie. Cosa fare allora perché le risorse del Pnrr siano occasione di crescita di tutti e non arricchimento di pochi?
Il Pnrr è una grande opportunità per provare a rilanciare l'economia dei nostri territori, a garantire servizi, infrastrutture, investimenti su l'edilizia scolastica, sui servizi alla persona e per restituire anche un po’ di dignità al lavoro. Il problema vero è che la responsabilità di chi dovrà gestire queste risorse, che sono gli enti locali, quindi comuni, province, città metropolitana, regione, nasce dal fatto che bisogna trovare un equilibrio tra la necessità di essere veloci e rapidi per rispettare le tempistiche date per fare in modo che ci sia rapidamente un rilancio dell'economia e dell'occupazione, ma evitando che ci sia un contesto tale per cui per fare in fretta si abbassi l'asticella dei controlli, si vada su un'onda della deregolamentazione che rischia di consentire alle mafie di poter fare affari. Lo stiamo già leggendo dalle varie inchieste, lo stiamo già leggendo da quelle che sono le rappresentazioni che tutti gli organismi dello Stato ci stanno dando.

Quali debbono essere le responsabilità delle istituzioni?
Quelle di spendere bene queste risorse, di spiegare ai cittadini che è una grande opportunità, ma allo stesso modo di non farsi prendere dall'idea che tanto le mafie sono un pezzo della nostra economia e quindi è meglio mettere in conto che un po’ di risorse saranno finiranno nelle lor mani. Assolutamente no. Innanzitutto  perché alimenteremo delle attività illegali, ma soprattutto per daremmo nuovamente un pessimo segnale, ogni qualvolta c'è stata un'emergenza, una tragedia nel nostro Paese le mafie hanno fatto affari, cerchiamo di fare in modo che questa volta il Pnrr non sia la più grande occasione della storia recente per continuare a fare affari e consolidarsi sui territori.

Oggi tra venti di guerra e coronavirus, tra aumento esponenziale della povertà e dell'individualismo, con quote crescenti di aggressività e appunto violenza, è più forte la speranza o la preoccupazione?
Io credo che bisogna essere preoccupati per alimentare la speranza d'impegno. La preoccupazione è forte perché le condizioni già difficili di uscita dalla pandemia, insomma, dovevano essere accompagnate da una condizione di stabilità a livello internazionale, oltre che ovviamente di pace, a tutela delle tante persone innocenti che stanno morendo. E invece, purtroppo, ci troviamo in una condizione in cui la ripresa economica e anche fortemente condizionata dall'aumento delle materie prime e dalla difficoltà anche per l'economia di far fronte a questa situazione, produrre materie prime, beni e servizi necessari. Io credo che la consapevolezza, innanzitutto, è che la pace deve essere l'obiettivo di tutti gli Stati, e dall'altra parte che bisogna riaffermare la pace, non facendo la guerra per garantire la pace. Io credo che la speranza possa essere alimentata dall'impegno e cercare di fare in modo che le comunità e le istituzioni siano coese e che si cerchi nuovamente di non creare le condizioni per cui mafia e corruzione facciano affare. La ripresa degli armamenti, e in generale queste condizioni di tensione economica internazionale, danno a chi ha grandi disponibilità di capitali, a chi ha radicamento, a chi ha in qualche modo ha una struttura collaudata, la possibilità di muoversi meglio con nuovi rischi d'infiltrazioni nell'economia legale. Non possiamo consentirlo, non dobbiamo consentirlo.