Sono molte, purtroppo, le eredità che il Covid-19 lascerà al nostro Paese. Quasi tutte negative, alcune invece potrebbero partecipare al cambiamento che serve. Tra queste sembra che il Coronavirus, stia contribuendo, a 41 anni di distanza, a realizzare una parte fondamentale della riforma del sistema sanitario del 1978, investendo sulla costruzione della sanità di territorio. Infatti ben 1.256 milioni, degli oltre tre miliardi previsti dal Decreto Rilancia Italia serviranno a implementare la l’assistenza domiciliare di anziani e soggetti fragili con personale e terapie dedicate. La novità del provvedimento, dal punto di vista organizzativo e di modello, è l’istituzione dell’infermiere di comunità o di quartiere, ne verranno assunti 9.600, 8 ogni 50 mila abitanti, così come vengono stanziate le risorse  per il personale infermieristico che dovrà coadiuvare l’attività dei medici di medicina generale.

Territorio dicevamo, e le novità si vedono ma non sono finite qui. La pandemia non è terminata, lo sappiamo, e per fronteggiare più rapidamente e meglio sia la fase finale di questa ondata e contenere ulteriori contagi, sia una eventuale seconda ondata è necessario potenziare l’attività di sorveglianza attiva in tutte le regioni, incrementare i controlli nelle Rsa e, in molti casi, costruire le Unità speciali di continuità assistenziali. A questo sono destinati oltre 61 milioni. E ne sono previsti altri 100 circa per il monitoraggio territoriale e la gestione di strutture dedicato all’isolamento di quei cittadini in isolamento o in quarantena o per quelli dimessi dagli ospedali. Altra novità che merita di essere sottolineata è lo stanziamento di 14 milioni di euro per assumere assistenti sociali per rafforzare le USCA, insomma si comincia a dare gambe all’integrazione socio sanitaria dei servizi di qui da tempo si parla.

Abbiamo chiesto al Ministro della Salute Roberto Speranza qual è un punto qualificante, per il suo settore, dei provvedimenti che stanno per essere pubblicati in Gazzetta Ufficiale: “Le risorse stanziate rappresentano un messaggio molto forte di uno Stato che riconosce la centralità del diritto alla salute. Abbiamo previsto investimenti per rafforzare la sanità del territorio: assistenza domiciliare, infermiere di quartiere, le nostre reti Covid, le Usca, essenziali per rispondere alle emergenze. Abbiamo imparato in queste settimane che il Covid-19 si combatte sul territorio: dobbiamo essere rapidi nel tracciare, nel testare, nel prenderci cura delle persone, dobbiamo essere in grado nel più breve tempo possibile di affrontare l’epidemia. Rafforziamo l’assistenza domiciliare: medici, infermieri che vengono a casa, non è più il cittadino a dover andare presso una struttura sanitaria, ma è il Ssn che entra nella tua casa e ti aiuta ad affrontare il problema che hai. Un passo avanti importante che ci fa fare un salto di civiltà, perché dobbiamo prenderci cura di tutti soprattutto di chi ha maggiori fragilità e sa bene quanto conti la possibilità di non dover andare in ospedale ma di avere un a risposta a casa propria”.

L’impegno e le risorse, inoltre saranno dedicate anche a continuare a rafforzare le terapie intensive e sub intensive, all’istituzione di ospedali Covid-19 e all’ammodernamento dei pronto soccorso prevedendo la separazione delle strutture dotandole di un doppio percorso e ammodernando attrezzature. Infine il capitolo personale. Sono medici infermieri e infermiere, operatori socio sanitari, addetti alla sanificazione e alla pulizia, sono loro che hanno fatto la differenza, con il proprio lavoro. Ma sono troppo pochi, lo erano prima che il Coronavirus arrivasse, e lo sono ancora oggi perché occorre ricordare che il bisogno di salute dei cittadini e cittadine italiane va al di la’ di Covid- 19 e le risorse stanziate, quelle di questo decreto, quelle contenute nella legge di bilancio 2020 (2 miliardi sul FSN, 2 per l’edilizia sanitaria e 185 milioni per l’abolizione del superticket), sono solo una parte dei tagli subiti dal sistema negli ultimi 20 anni. Ed allora circa 330 milioni saranno destinati ad incentivi per il personale e a nuove assunzioni. E si guarda anche al futuro, lo sappiamo sono troppo pochi i medici specialisti, e sono pochi anche perché il nostro sistema universitario non li ha formati, nel decreto è previsto un incremento di 4.200 borse di specializzazione in area medica. In particolare saranno aumentate quelle in anestesia e rianimazione, medicina d’urgenza, pneumologia e malattie infettive.