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Le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno stabilito che il governo dovrà risarcire i migranti ai quali nell’agosto del 2018 fu impedito per 10 giorni lo sbarco al porto di Catania, dopo essere stati soccorsi dalla nave Diciotti della guardia costiera al largo di Lampedusa. Il governo e i partiti di maggioranza perdono il controllo e attaccano violentemente la sentenza e i giudici.
I fatti giudiziari
Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, il 25 agosto iscrisse l'allora ministro dell'Interno, Matteo Salvini, nel registro degli indagati per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d'ufficio, dopo che i migranti vennero fatti sbarcare ridotti in una situazione che fu definita devastante. Salvini aveva chiesto che fosse Malta a prendersi carico dei migranti e questo determinò il loro permanere a bordo della Diciotti in pieno agosto e dopo un viaggio per mare in condizioni che ormai a tutti sono ben note. Il Tribunale dei ministri di Catania fece la richiesta di autorizzazione a procedere, Il dossier arrivò in Parlamento e l’autorizzazione fu negata.
La procura agrigentina ha continuato il suo lavoro e a distanza di 7 anni le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno accolto il ricorso presentato da un gruppo di migranti a cui fu impedito lo sbarco. La richiesta riguardava la condanna del Governo italiano a risarcire i danni non patrimoniali determinati nei profughi dalla privazione della libertà. Il collegio ha rinviato al giudice di merito la quantificazione del danno di fatto, ma ha condannato il governo spiegando nel dispositivo che l’azione, ancorché motivata da ragioni politiche, non può mai ritenersi sottratta al sindacato giurisdizionale quando si ponga al di fuori dei limiti che la Costituzione e la legge gli impongono, soprattutto quando siano in gioco i diritti fondamentali dei cittadini (o stranieri), costituzionalmente tutelati".
Reazioni scomposte
Passando sopra al principio in uso secondo il quale le sentenze giudiziarie non si commentano e si rispettano, membri del governo e partiti della maggioranza si sono immediatamente scagliati contro i giudici e il loro pronunciamento. In primis la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la quale ha definito “assai opinabile” il principio affermato dalla Corte, aggiungendo: “Non credo siano queste le decisioni che avvicinano i cittadini alle istituzioni e confesso che dover spendere soldi per questo, quando non abbiamo abbastanza risorse per fare tutto quello che sarebbe giusto fare, è molto frustrante“.
Poi è stata la volta del ministro degli Esteri, Antonio Tajani: “ È una sentenza che non condivido, non ne condivido le basi giuridiche", ha affermato, seguito poi dal partito di Meloni, Fratelli d’Italia: “Scelte folli che offendono tutti i cittadini". Anticipato dalla sua Lega, è arrivato buon ultimo il diretto interessato il ministro (ora delle Infrastrutture e dei Trasporti) Matteo Salvini, che con l’eleganza che da sempre lo contraddistingue, ha inveito: “Pagassero i giudici”, definendo la sentenza “vergognosa” e “un’altra invasione di campo indebita“.