Gli esiti del referendum per abbreviare i tempi di conseguimento della cittadinanza da parte degli stranieri in Italia, che come gli altri quattro non ha visto il raggiungimento del quorum, si è differenziato dagli altri quesiti per un maggiore numero di No. Circa 5 milioni di italiani, oltre un terzo di dei votanti, ha espresso parere contrario. 

Un dato che pone dei quesiti sul futuro delle norme per la cittadinanza, visti anche i propositi peggiorativi del governo che ora si crede rafforzato nella sua volontà di dare un ulteriore giro di vite, nonostante le proposte di legge depositate in parlamento dalle opposizioni. Luigi Manconi, sociologo e già senatore, si interroga sulla diffusione della paura dello straniero in Italia e sull’incapacità di creare una forza che riesca a radicare la cultura dell’accoglienza partendo anche da principi giuridici.

“Io penso – racconta Manconi a Collettiva – che la relazione con i cittadini migranti sia stata finora impostata, in particolare da pressoché tutta la sinistra includendovi dunque non solo i partiti ma anche i sindacati, sul piano della solidarietà, sui buoni sentimenti dell’accoglienza verso chi fuggiva da condizioni disumane di vita. Tutte cose ovviamente vere, ma che non sono palesemente sufficienti a consentire l’integrazione di queste persone dentro il nostro sistema politico e sociale”.

Il sociologo spiega meglio le sue affermazioni: “Certamente per settori importanti, penso al lavoro agricolo e al bracciantato, il sindacato sta operando con grande sforzo, con grandi investimenti di energie e di intelligenza, con grande sacrificio e sta facendo passi avanti. Ma questa atteggiamento, appunto, ha riguardato a mio avviso solo alcuni settori del lavoro straniero in Italia”.

Manconi rileva la pressoché inesistenza degli stranieri nei partiti di sinistra e anche dentro lo stesso sindacato dove “costituiscono una minoranza”. Il punto, evidenzia ai nostri microfoni, “è che non è stato chiarito come invece questa parte della forza lavoro non solo sia cospicua, ma costituisca una fondamentale risorsa per il nostro Paese, un fattore decisivo indispensabile, sempre più decisivo e sempre più indispensabile per il mantenimento della nostra economia ai livelli attuali e ancora più dunque per lo sviluppo di questa economia”.

Sintetizzando il concetto in una frase, Manconi dice che si tratta di “passare dalla solidarietà all’organizzazione e all’integrazione piena dei lavoratori stranieri anche dentro le organizzazioni sindacali. Questo è l’unico modo perché i lavoratori italiani non li vivano come altro da sé e dunque, in situazioni di crisi come quella attuale, come pericolosi concorrenti, che è il modo in cui spesso li percepiscono con la conseguenza che al momento opportuno, al momento del voto referendario, non voteranno a loro favore”.

Circa l’atteggiamento del governo che si sente ora, dopo il voto referendario, molto rafforzato  nelle sue scelte restrittive per le norme sulla cittadinanza Manconi dichiara di essere preoccupato per questa involuzione ulteriore, “anche perché il governo falsifica i dati. Quando i propagandisti di regime sostengono che l’Italia è il Paese che concede più cittadinanze, circa 200.000 all'anno, propone dati falsi. Rispetto agli altri Paesi europei, se noi analizziamo i dati con serietà e quindi con criteri scientifici, non è affatto così”.

Negli altri Paesi, come ricorda il sociologo, c’è un automatismo che non viene registrato, dunque alla voce ‘accoglimento della domanda’ le cittadinanze in realtà sono maggiori di quanto accade in Italia: “Ma questo il governo non lo dice, quindi usa strumentalmente quelle 200.000 richieste di cittadinanza ogni anno, ma voglio ricordare che la Banca d'Italia e Confindustria da almeno 20 anni sostiene che l’Italia avrebbe bisogno di circa 600.000 lavoratori stranieri all’anno. Rispetto a questi lavoratori stranieri la concessione della cittadinanza, ovviamente, è un formidabile contributo alla loro integrazione nel nostro sistema di relazioni, nella nostra convivenza civile e sociale”.