Nella notte tra il 3 e il 4 novembre del 1966 Firenze viene colpita da una grave alluvione. L’acqua entra in tutte le abitazioni del centro storico, nel Battistero, in Palazzo Vecchio e nel Duomo, fino a raggiungere un livello di quasi cinque metri.  “Quello che non dimenticherò mai - racconterà una testimone - è quando il portone della chiesa di Santa Croce si è aperto. È stato come se una mano avesse aperto l’uscio e qualcuno avesse detto all’acqua: Entra”.

Le vittime e i danni

Il bilancio finale sarà di 35 morti (tra loro anche 4 bambini, Leonardo e Marina, entrambi di 3 anni, e le due sorelline di 6 e 9 anni, Donatella e Giudalma), 17 nella sola Firenze, 18 nelle zone limitrofe. I dati postumi testimonieranno l’enormità dei danni subiti: 13.943 le famiglie disastrate, 46.000 gli sfollati e senza tetto, 1.300.000 i libri danneggiati, 1.500 le opere d’arte distrutte.

Risulteranno distrutti o danneggiati 9.752 negozi, 8.548 botteghe, 248 alberghi, 600 aziende, migliaia di automobili. L’evento lascia senza lavoro oltre 30.000 persone.

Tra le testimonianze più famose quella del giornalista Marcello Giannini, che in collegamento con il telegiornale nazionale farà sentire il rumore dell’acqua per le strade dicendo: “Se apro la finestra, tanto per dare l’impressione di cosa c’è sotto di noi, se si sente il rumore. (…) Ecco, questo non è un fiume, non è un fiume, ma è la via Cerretani, è la via Panzani, è il cuore di Firenze invaso dall’acqua”.

La solidarietà

Nei giorni successivi all’alluvione arriveranno nelle zone colpite soccorritori da diverse zone d’Italia e dall’estero. Aiuti ufficiali arriveranno dall’Unione Sovietica, dalla Cecoslovacchia, dall’Ungheria. Anche Ted Kennedy, fratello di John e Robert e allora senatore degli Stati Uniti, farà un appello per aiutare la città.

Particolarmente commovente e significativo sarà il gesto della cittadina gallese di Aberfan - teatro il 21 ottobre 1966 di una tragedia che era costata la vita a 116 bambini e 28 adulti, causata dal collasso di una collina di scarti della lavorazione del carbone che aveva travolto la scuola cittadina - che invierà uno stock di abiti per bambini.

Anche don Lorenzo Milani si prodigherà affinché anche da Barbiana partano aiuti alla volta di Firenze a base di acqua e pane. Il 22 novembre il sacerdote scriverà:

L’alluvione ha ricreato l’atmosfera del dopoguerra Preti e comunisti a fianco a fianco hanno in mano la situazione. Il governo è sempre l’ultimo ad arrivare e ognuno ne diffida. Preti che fino a ieri non contavano nulla e non sapevano dove sbattere la giornata né loro né i loro giovani hanno aperto la chiesa alle riunioni coi comunisti e a centri di raccolta e distribuzione di aiuti. Quando tutto sarà passato chissà cosa resterà. Forse la nostalgia dell’alluvione.

“Il pastorale che per la prima volta ho usato a Firenze cinquanta anni fa era un badile: non è servito per appoggiarmi, ma per sostenere gli altri - racconterà Giuseppe Betori, futuro arcivescovo di Firenze, diciannovenne nel 1966 - Nella mia memoria è rimasta impressa la bellezza ferita, ma anche la forza, la dignità, il coraggio e la volontà dei fiorentini di rialzarsi. Avevo da poco iniziato a Roma i miei studi di teologia alla Pontificia Università Gregoriana come alunno del Seminario Lombardo. Dopo le notizie terribili da Firenze, le vittime, la città devastata, lasciammo i libri e con un gruppo di dodici seminaristi e giovani preti partimmo”.

Gli angeli del fango

Saranno moltissimi i giovani e giovanissimi "angeli del fango" che accorreranno a Firenze da tutto il mondo, in modo volontario, per spalare via il fango dalle case e delle cantine e aiutare nel difficile lavoro di recupero dei manoscritti della Biblioteca nazionale, delle opere d’arte degli Uffizi. Tra questi anche personaggi che diventeranno noti come Pierluigi Bersani.

“Ricordo il dramma di quei giorni - racconterà - che è ancora vivo nella memoria della città, ma anche la catena di solidarietà, il coraggio, la voglia di riscatto e di ricostruzione che si impadronì di tutti i fiorentini. Un moto civico cittadino, italiano e mondiale spinse migliaia di ragazze e di ragazzi a correre in aiuto di Firenze e dei suoi abitanti. Questo moto civico ebbe il merito di accendere una coscienza e un protagonismo nuovo nella gioventù italiana, a partire dalla consapevolezza che bisognasse salvare e consegnare al futuro un patrimonio dell’umanità come Firenze”.