Sistema sanitario nazionale a rischio per la mancanza di medici specialisti. Le specialità più carenti saranno medici d'emergenza, pediatri, internisti, anestesisti, chirurghi generali e psichiatri, per cui si registra una carenza di 16.500 unità tra queste categorie.

“Siamo alla palese manifestazione di un Sistema sanitario nazionale che si appresta al collasso – dichiara Enrico Gulluni, coordinatore dell’Udu, Unione degli universitari –. Un’emergenza che non ci lascia per niente sorpresi, dal momento che sono tanti anni che denunciamo la mancanza di medici specialisti all’interno del Ssn e il rischio che il nostro paese sta correndo a causa del combinato disposto tra l’accelerazione del loro pensionamento della precedente generazione e l’imbuto formativo, che tanti, troppi, anni di numero chiuso hanno creato”.

Continua Gulluni: “Le condizioni di lavoro nei reparti ospedalieri e nei servizi territoriali stanno notevolmente peggiorando, soprattutto nelle regioni del Sud, causando notevoli disservizi e mettendo sempre più in crisi interi reparti e intere strutture ospedaliere, già da tempo in condizioni drammatiche. Il blocco del turnover, introdotto con la legge n. 296 del 2006, ha determinato, ad oggi, una carenza nelle dotazioni organiche di circa 10 mila medici. I piani di lavoro, i turni di guardia e di reperibilità vengono coperti con crescenti difficoltà e molto spesso i medici specializzandi, ancora in formazione, sono chiamati a reggere interi reparti e a svolgere mansioni che non potrebbero svolgere, nonché ad assumersi responsabilità che non gli competerebbero”.

Conclude Gulluni: “Questa è la triste realtà che oggi sta per arrivare ai limiti di una vera emergenza nazionale, cui vanno posti correttivi rapidi e adeguati per evitare il collasso del sistema stesso. Occorre mettere in campo un piano strategico propedeutico a risolvere questa situazione di emergenza, che non può certamente essere la folle proposta dal ministro Grillo dell’utilizzo dei medici militari, ma bisogna pensare a una seria riforma del Sistema sanitario nazionale. Una riforma che non può assolutamente prescindere dalla risoluzione dei due imbuti formativi; occorre trovare definitivamente una soluzione che porti al superamento del numero chiuso per i corsi di laurea dell’area medica e bisogna adeguare il numero di posti e di borse di specialità al numero di laureati dell’area medica nell’anno precedente, in modo da poter garantire un ricambio generazionale completo e di qualità, che possa finalmente rilanciare il nostro Sistema sanitario nazionale e garantire la salute di tutti cittadini”.