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Introdurre un’aliquota al 26 per cento è un segnale per iniziare a disincentivare la proliferazione delle locazioni brevi e far sì che le abitazioni tornino a essere disponibili per chi cerca un’abitazione stabile e di lunga durata. La previsione, contenuta nella legge di bilancio, è solo un primo passo.
“Il Sunia ha sempre sostenuto che non si deve prevedere nessuna forma di agevolazione sugli affitti brevi – afferma il segretario generale Stefano Chiappelli -. È fondamentale per far sì che ci siano vincoli e controlli più efficaci su questo tipo di locazioni, la necessità, ancora disattesa dal governo, di consentire ai Comuni l’introduzione di adeguate norme di regolamentazione di un settore, quello delle locazioni turistiche, che sta determinando molteplici situazioni di un massiccio ricorso dei proprietari e dei grandi gruppi di intermediazione immobiliare a questa modalità di affitto che altera il mercato delle città, in particolare quelle turistiche, e priva le locazioni di durata di un adeguato supporto mentre incide sullo stesso assetto urbanistico dei Comuni”.
Secondo il sindacato degli inquilini va garantita un’adeguata offerta di abitazioni in locazione a lungo termine, in particolare nelle città e nelle zone più esposte alla trasformazione in affitti brevi o turistici.
Il Sunia chiede al governo di non fermarsi a questo singolo provvedimento e di varare con urgenza un piano casa nazionale per affitti sostenibili che includa il ripristino del fondo di sostegno all’affitto, investimenti nel settore pubblico e regolamentazioni, a partire dagli affitti brevi, necessarie a garantire il diritto all'abitare per tutti, in una collaborazione con le istituzioni territoriali e nazionali al fine di produrre effetti positivi per i cittadini e per un mercato delle locazioni più equo e sostenibile.
“Da anni denunciamo lo stato di abbandono e di insicurezza in cui vivono migliaia di inquilini degli alloggi di edilizia residenziale pubblica – dichiara Nicola Zambetti, segretario nazionale -. Oltre il 50 per cento del patrimonio abitativo pubblico è stato costruito prima del 1971, quando ancora non esistevano norme specifiche sulle strutture in cemento armato. Ciò significa che migliaia di edifici non sono stati progettati secondo gli standard di sicurezza oggi indispensabili.”
“Gli eventi degli ultimi mesi – aggiunge Zambetti - dagli sgomberi di fabbricati Erp agli edifici pubblici dichiarati inagibili, devono rappresentare un monito per il governo: è urgente finanziare la messa in sicurezza del patrimonio e dei servizi pubblici. La legge finanziaria non prevede alcuna risorsa e questo significa che i cittadini continueranno a vivere nell’incertezza e nell’insicurezza, costretti a utilizzare strutture che il tempo e la negligenza rendono ogni giorno più fragili.”
Per questo il Sunia chiede al Parlamento di individuare e destinare risorse a questi interventi, che ormai non possono più essere considerati di carattere eccezionale, ma strutturali e urgenti.