Due morti, un disperso, case e strade allagate, treni fermi, scuole chiuse, la stazione di Bologna in tilt, cinquemila persona a rischio evacuazione. Il bilancio provvisorio del maltempo in Emilia Romagna, che ha colpito in particolare le zone del ravennate e del bolognese e la provincia di Forlì-Cesena, è disastroso. Fiumi, canali e torrenti hanno esondato, gli argini non hanno tenuto, l’acqua ha invaso città e campagne, provocando anche frane e smottamenti. Vigili del fuoco, protezione civile, esercito e tutto l’apparato dei soccorsi è mobilitato, in azione per salvare chi è rimasto bloccato nelle case o nelle automobili, dare assistenza e sostegno, sgomberare le abitazioni allagate.

Sono bastati due giorni di pioggia intensa e concentrata per provocare così tanti danni e vittime. “Questi eventi meteorologici che si caratterizzano sempre di più come estremi, stanno colpendo situazioni complesse dal punto di vista della sicurezza del territorio – afferma Marinella Melandri, segretaria generale della Camera del lavoro di Ravenna -. Nell’area collinare faentina ci sono due frane, da tempo monitorate, che a causa della forti piogge si sono riattivate. Inoltre, le nostre sono storicamente terre d’acqua, con una grande presenza di fiumi, canali, fossi e ampie zone poste sotto il livello del mare. Qui tutta la rete idrica è entrata in difficoltà, diversi fiumi, tra cui il Lamone, hanno esondato a causa delle falle negli argini, ci sono ondate di piena”.

La sindacalista spiega poi che nella zona della Bassa sono stati effettuati lavori importanti proprio per contenere gli effetti disastrosi degli eventi atmosferici estremi, e che altri sono in programma: dove questi interventi sono stati realizzati, con la creazione di bacini di laminazione, aree di raccolta delle acque in eccesso, non ci sono stati danni nelle aree circostanti, mentre dove non è stato fatto niente, i terreni sono finiti sott’acqua.

“Bisogna rimettere mano al tema della cura del territorio – riprende Melandri -. C’è un problema di manutenzione, come la pulizia degli argini. E c’è un problema di sovrappopolazione di nutrie, che perforano gli argini rendendoli più fragili. Più in generale gli effetti dei cambiamenti climatici stanno mettendo in difficoltà tutta l’agricoltura dell’area: la produzione è fortemente condizionata dalla siccità, dalle gelate primaverili, dall’eccesso di piogge, che stanno mettendo in difficoltà il lavoro nei campi e quello delle aziende di trasformazione. Noi lo tocchiamo con mano ogni anno contando le ore e le giornate lavorate”.  

“Siamo in una regione che rischia di diventare sempre più siccitosa e per questo sempre più a rischio idrogeologico – sostiene Massimo Bussandri, segretario generale Cgil Emilia Romagna -. I dati e la scienza ci dicono che un terreno colpito dalla siccità non è poi in grado di assorbire piogge copiose. Emergenza climatica, trascuratezza nella manutenzione, incuria sono problemi che ci trasciniamo da decenni. E sono questioni che non si fermano ai confini dell’Emilia Romagna. La regione è inserita in un’area climatica e geografica più vasta, le criticità vanno affrontate con politiche nazionali”.

“Quando è la siccità, quando un’alluvione, ci si ritrova sempre a fare la conta dei danni – aggiunge Simona Fabiani, responsabile politiche per clima, territorio, ambiente, trasformazione green e giusta transizione della Cgil -. Da tempo sosteniamo che queste questioni vanno affrontate a 360 gradi, con azioni di prevenzione e di adattamento e accelerando la mitigazione ai cambiamenti climatici. Dopo uno stop durato otto anni, abbiamo fatto un incontro di consultazione sul piano nazionale di adattamento. Ma a parte i tempi di realizzazione lunghissimi, non ci sono risorse dedicate, neppure un euro”.