A Lodi, la Cgil c’è. Impegnata nel contrastare gli effetti del coronavirus, fornire informazioni ai cittadini e difendere un’occupazione messa sotto scacco dallo stop alle imprese, fuori e dentro il perimetro invalicabile individuato dal governo per limitarne la trasmissione del covid-19 nel territorio della Bassa. L'emergenza è partita da qui, dalla Unilever, un'azienda chimica di Casalpusterlengo, dove è stato individuato il primo caso di contagio. Sul territorio, a coordinare le operazioni, pur con le difficoltà dovute dalla presenza di molti funzionari rimasti bloccati nei dieci comuni della zona rossa, c’è il segretario generale della Camera del lavoro lodigiana, Franco Stasi.

Mantenere aperti i nostri presidi è stata una scelta precisa, fatta di concerto con la Cgil regionale e nazionale, per dare supporto a lavoratori e pensionati. Nonostante nella zona rossa le sedi sindacali siano chiuse, gli operatori - con le dovute cautele - hanno la possibilità di spostarsi all'interno del perimetro per garantire il raccordo con i delegati. Ci sono funzionari che svolgono attività di supporto a cittadini e lavoratori, altri impegnati nell'informazione all'esterno con servizi fotografici e report che vengono diffusi sui social e ripresi dalla stampa locale”. L’attenzione maggiore, però, resta rivolta all’economia. Spiega Stasi: “Sono 3.500 le aziende dei centri interessati dall'ordinanza più restrittiva. Ditte che danno lavoro a 13 mila dipendenti che in questi giorni sono costretti a casa in attesa di nuove disposizioni da parte del Ministero della salute”. Per il leader provinciale della Cgil, “quello che sta accadendo nella zona rossa ha ripercussioni dirette su molte imprese di tutto il Nord Italia: qui c’è chi fornisce componenti alla Fiat e numerose realtà che operano soprattutto nel campo dei trasporti, della zootecnia e dei servizi. In queste ore, la prefettura sta valutando la possibilità di concedere alcune deroghe particolari per riaprire alcune attività con personale residente all'interno dei comuni isolati”.

Allargando lo sguardo al resto della provincia si contano almeno 15 mila imprese e 60 mila addetti da tutelare, con i sindacati che reclamano provvedimenti più incisivi, destinati a tutte le regioni colpite dall’epidemia. Le categorie professionali in maggiore sofferenza sono ovviamente quelle legate al settore della sanità: “Tutto il sistema si poggia sull’abnegazione degli operatori. Non solo a Codogno e Lodi, visto che in queste ore le urgenze vengono dirottate anche su altri centri, come Cremona e Bergamo, nei quali si sta registrando un incremento dei casi di medici e infermieri positivi al virus a causa della mancanza di adeguati dispositivi di protezione. Nelle strutture bisogna urgentemente garantire riposi, turnazioni e sicurezza, ottenendo supporto anche da altri territori”. Per il leader della Cgil di Lodi, grande attenzione va dedicata agli anziani, più a rischio rispetto al virus. Uomini e donne che hanno necessità di risposte immediate a causa della solitudine e di un elevato grado di allarmismo che attraverso i mass media finisce per elevarsi a potenza. Proprio i pensionati sono i destinatari di servizi di assistenza erogati da associazioni come l'Auser, oltre che dalla protezione civile e dai volontari.

"In questi giorni non abbiamo mai smesso di garantire le nostre attività di patronato e di consulenza fiscale. Gli iscritti si rivolgono a noi per ottenere informazioni generali rispetto alla gestione del blocco della circolazione, ma soprattutto chiedono cosa fare rispetto agli ammortizzatori sociali, alla fermata delle imprese e per evitare abusi. Teniamo conto del fatto che la scorsa settimana sono state chiuse - ed è stato un errore - anche le sedi dell'Inps e dell'Inail di tutta la regione quindi le informazioni hanno continuato ad essere fornite quasi esclusivamente dalle organizzazioni sindacali. Va sottolineato come non ci siano precedenti rispetto a questa emergenza. In questi giorni stanno passando in secondo piano altre situazioni drammatiche come quanto sta accadendo tra Siria, Turchia e Grecia, o rispetto agli infortuni nei luoghi di lavoro. Tutto è concentrato esclusivamente rispetto alla gestione del coronavirus. Ce la stiamo mettendo tutta per evitare panico e allarmismi ingiustificati. È necessario diffondere informazioni corrette e attenersi scrupolosamente alle ordinanze che vengono emesse a vari livelli istituzionali".

Nei giorni scorsi è stato sottoscritto un accordo tra Regione Lombardia e tutte le parti sociali proprio allo scopo di definire come perimetro delle misure l’intera Regione, senza distinzioni tra zone gialle e rosse, ritenendo che l’economia e il sistema lombardo vadano salvaguardati nell’insieme, in un quadro di tutele uniformi. Oggi, nel pomeriggio, a Palazzo Chigi, la Sala Verde verrà ospiterà un confronto tra il Presidente del Consiglio e le parti sociali. Per Cgil, Cisl e Uil le misure messe in atto dall’esecutivo sono solo un piccolo passo non ancora sufficienti per intervenire rispetto alla crisi in atto e chiedono una regia nazionale e un concreto coinvolgimento a tutti i livelli. Per i sindacati confederali è necessario difendere il lavoro e le imprese al di là delle distinzioni tra zone rosse e gialle. Servono strumenti adeguati per sostenere occupazione e reddito e costruire un quadro di tutele per lavoratrici e lavoratori indipendentemente dal settore industriale, dalla dimensione delle imprese e dalla tipologia del rapporto di lavoro, utilizzando tutti gli strumenti di carattere nazionale, regionale e bilaterale. Su questo Franco Stasi è molto chiaro: “Non pensiamo a singoli interventi ad hoc ma di misure di carattere strutturale, affiancando alla cassa integrazione ordinaria, provvedimenti per sbloccare la cassa in deroga anche nelle piccole imprese, senza dimenticarsi del lavoro autonomo”.