Puntata n. 3/2024 – Il cantiere di Firenze dove hanno perso la vita 5 operai al lavoro è lo specchio di questo Paese

Cantiere Italia

Il cantiere di Firenze dove hanno perso la vita 5 operai al lavoro è lo specchio di questo Paese. Perché questo Paese funziona un po’ come quel cantiere. In questo Paese capita spesso che si esca di casa per andare a lavorare e non si faccia più ritorno. In questo Paese se sei un migrante riuscire a ottenere un permesso di soggiorno è complicato. È più facile essere assunti in nero. In questo Paese qualsiasi scorciatoia è lecita se sei un imprenditore e capita che un edile venga assunto con un contratto metalmeccanico. Capita molto più spesso di quanto immaginiamo. Perché? Perché all’imprenditore edile il contratto metalmeccanico costa meno. Meno formazione sulla sicurezza. E può farti un part time, anche se la giornata la lavori intera. Le ultime ore te le fai in nero. Se avessi sottoscritto un contratto edile non lo potrebbero fare. Perché in questo Paese chi dovrebbe controllare è solo, gli mancano i colleghi che dovrebbero dividere con lui il lavoro. Gli mancano gli strumenti. Ci mette tutto il suo senso di responsabilità e la sua tenacia, ma non sempre bastano. Perché in questo Paese la politica è più brava a esprimere cordoglio che a scrivere e a far rispettare le leggi. Versa lacrime di coccodrillo quando succedono, sempre più spesso, stragi sul lavoro. Perché in questo Paese - forse ha ragione quell’ispettrice sul lavoro - alla politica conviene usare il lavoro nero come un comodo ammortizzatore sociale. Perché in questo Paese la confusione regna sovrana, il massimo ribasso è il principio alla base di ogni commessa. Il massimo ribasso è legalizzato e allunga la catena dei subappalti fino al punto che capirci qualcosa diventa impossibile. Controllare. Risalire alle responsabilità. Figuriamoci. È complicato persino sapere quanti operai si trovano all’interno di un cantiere nel momento in cui viene giù tutto. Perché in questo Paese, tra un appalto e l’altro, vincono tutti, tutti banchettano e hanno il proprio grasso margine sulle spalle dei lavoratori. Per questo, alla fine di questa fiera degli orrori, il palazzo in costruzione nel cantiere Italia è pericolante e rischia di crollarci addosso. Perché questo Paese è proprio come quel cantiere, dove è crollato tutto addosso a quei 5 operai morti, carne da macello nella guerra del profitto.

E la strage di Firenze è lo specchio di un Paese ipocrita listato a lutto che aspetta il prossimo martire sul lavoro, il sassolino del direttore di Collettiva, Stefano Milani

Quante lacrime vale la vita di un lavoratore? Inghiottito dal cemento e dall’indifferenza collettiva. Martire di un destino che non ha scelto. Supino al ricatto di un’esistenza sospesa. Un numero sulla tabellina del tre. Quanta solitudine deve masticare un ispettore? Controllore dell’incontrollabile. Impigliato tra le pieghe di leggi truffaldine. A rimbalzare tra le burocrazie perverse di uno Stato di non diritto. Certificatore di una morte già avvenuta. Quanto valgono le parole di chi ci governa? Tronfie e vacue come un ritornello stonato. Declinate ad un futuro mai presente. Intolleranti verso la memoria di chi rimane. Vuote come i silenzi di pura circostanza. E quanta assuefazione dobbiamo ancora digerire? I nostri occhi aperti non vedono più. Nulla ci scandalizza. Nessuno calpesta il nostro giardino appassito. L’asticella dell’orrore è sparita tra le nuvole. Cercasi disperatamente un sussulto di umanità.

Sulla sicurezza basta chiacchiere

Nella giornata del dolore e della rabbia, il 21 febbraio, con adesioni dell’80 per cento allo sciopero e piazze piene ovunque, Maurizio Landini da Firenze ha mandato un messaggio al governo: ci vuole incontrare lunedì? Non sia una passerella. Mettiamoci al tavolo e non alziamoci più fino a quando non si troverà una soluzione, dovessero volerci giorni. Lo dobbiamo alle vittime di Firenze, Luigi Coclite, Mohamed Toukabri, Mohamed El Farhane, Taoufik Haidar, Bouzekri Rachimi. E tutti gli altri. Dall’inizio di febbraio sono già quasi 50 le persone che sono morte sul lavoro in Italia.

Licenziata perché incinta

È successo a Nuoro, vittima una lavoratrice di vent'anni con contratto Multiservizi, impiegata in una ditta di pulizia. La datrice di lavoro alla fine del periodo di prova le aveva consegnato un test di gravidanza chiedendole, davanti a due colleghi maschi, di farlo a fine turno nel bagno della ditta. Test negativo e quindi test superato con conseguente assunzione a tempo indeterminato e part-time. Poche settimane dopo la ragazza però resta davvero incinta e la ginecologa dispone l'astensione anticipata dal lavoro per gravidanza a rischio per un mese. Il 25 gennaio la giovane invia, tramite l’Inca Cgil, la comunicazione telematica dello stato di gravidanza all'Inps e alla datrice di lavoro. Il 16 febbraio la lavoratrice segnala al sindacato di non aver ricevuto lo stipendio. Chiede spiegazioni alla datrice di lavoro che le comunica, via whatsapp, di averla licenziata per giusta causa, poiché la gravidanza sarebbe condizione ostativa per la sua mansione e le contesta di aver nascosto la notizia all’azienda. La Cgil ritiene nullo il licenziamento e chiede il reintegro immediato della giovane. Seguiremo passo passo questa battaglia di civiltà.

Fermiamo la criminale follia di tutte le guerre

Fermiamo la criminale follia di tutte le guerre, la corsa al riarmo, la distruzione del Pianeta. Domani, 24 febbraio, ricorrono i due anni dell’invasione dell’Ucraina. La Rete italiana Pace e Disarmo cui aderisce anche la Cgil invita tutte e tutti a manifestare per chiedere la Pace al grido “L’Italia deve dire basta alle guerre!”. Basta alle guerre in Ucraina e a Gaza. L’appuntamento nazionale si terrà domani a Milano, ma cortei e sit-in sono stati organizzati in ogni città. Su Collettiva potete trovare l’elenco completo di tutte le manifestazioni, territorio per territorio. Ci vediamo in piazza.

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