Gli studenti dell’Università di Parma hanno occupato nella giornata di martedì la mensa di Vicolo Grossardi. L’azione è scattata poco prima del pranzo e sta proseguendo incessantemente da due giorni, con quasi cinquanta studenti che dormono in mensa. A promuovere la protesta è stata l’Unione degli Universitari insieme ad altre realtà cittadine.

La scintilla che ha fatto scattare la rabbia negli studenti è scoppiata nei giorni scorsi, quando Ergo ha improvvisamente comunicato che il prezzo del pasto sarebbe passato da 5,80 a 7,20 euro. Un valore che addirittura supera quello del buono pasto di cui dispongono i borsisti, mettendoli in grave difficoltà. Nonostante l’interlocuzione iniziale, Ergo ha accettato esclusivamente di togliere il costo del coperto, pari a 70 centesimi. Secondo quanto comunicato da Patrizia Mondin, direttrice di Ergo, il costo del coperto era stato previsto a causa di una mera “incomprensione”. Ma per gli studenti il costo del pasto è rimasto troppo alto e, così, si è arrivati all’occupazione.

“In una situazione di difficoltà economica come questa, l’aumento del costo dei pasti era l’ultima cosa che ci serviva. Gli studenti hanno già dovuto affrontare il caro affitti, il caro bollette e la mancanza di alloggi. Ci saremmo aspettati che Ergo ci venisse incontro, assorbendo l’inflazione sui pasti. Invece no: da un giorno all’altro ci siamo ritrovati con un rincaro di quasi un euro. Si tratta di un costo annuale totale che stimiamo possa raggiungere i 2mila euro per studente” racconta Lorenzo Tanchis, coordinatore di Udu Parma.

“Nonostante i molti sforzi fatti, non c’è stato modo – continua Tanchis – di fare rientrare l’aumento dei pasti se non per la quota del coperto. Per queste ragioni, abbiamo deciso di occupare la mensa e di restarci, finché dalle istituzioni non arriveranno risposte e impegni chiari. Siamo pronti a dormirci anche per la seconda notte consecutiva. Chiediamo ad Ergo di tornare sui suoi passi e lanciamo un appello alla Regione e al Governo, all’Assessore Salomoni e alla ministra Bernini, affinché intervengano per garantire agli enti per il diritto allo studio un fondo straordinario per evitare che i rincari si scarichino tutti sugli studenti”.

"L'aumento dei prezzi delle mense – evidenzia Alessia Polisini dell'esecutivo nazionale Udu – è un problema nazionale che abbiamo denunciato mesi fa. Bisogna considerare come le mense universitarie siano quasi totalmente esternalizzate a pochi operatori privati. Essi gestiscono i servizi, spesso a discapito della qualità del servizio e dei diritti dei lavoratori. E ora, a causa dell'inflazione, assistiamo a un rincaro dei costi che gli enti per il diritto allo studio non vogliono o non riescono a coprire. Il risultato? Si scarica tutto sulla componente studentesca. A Torino i costi sono aumentati fino al 40%, a Brescia si è raggiunto il 45% e a Milano si è toccato il 60%".

Il problema sta anche nella mancanza di finanziamenti regionali e nazionali, come spiega sempre Polisini: "La quota servizi delle borse di studio che viene destinata a mense e residenze è ferma da anni. Altro aspetto che denunciamo è il fatto che, a differenze delle residenze, lo Stato non contribuisca direttamente al finanziamento delle mense universitarie. Chiediamo che le istituzioni intervengano: noi studenti siamo già in difficoltà economica e non possiamo anche farci carico del caro mense! Bisogna garantire dei finanziamenti adeguati per tutelare il diritto allo studio".