Puntata n. 20 - Bella come l’antifascismo, la giornata di sabato 4 marzo a Firenze, quella del corteo di protesta contro il pestaggio avvenuto al Liceo Michelangiolo ad opera di militanti di Azione studentesca e per protestare contro il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara

Bella come l’antifascismo

Bella come l'antifascismo, la giornata di sabato 4 marzo a Firenze, dove una marea rossa e arcobaleno ha invaso le strade del centro città per condannare il pestaggio avvenuto al Liceo Michelangiolo ad opera di militanti di Azione studentesca e per protestare contro il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che ha attaccato pubblicamente la preside del Liceo Da Vinci dopo la lettera spedita a studenti, famiglie e personale, in cui metteva in guardia dai pericoli del fascismo. La Cgil e le sue categorie hanno chiamato la società civile e la politica a scendere in piazza, dando voce a una opposizione sociale sempre più forte e militante nel Paese. Ci sono ministri che minacciano provvedimenti nei confronti di una lavoratrice senza alcuna colpa e ministri che insultano la memoria di chi è morto insieme ai suoi bambini nelle acque di fronte a Crotone, tacciandolo di irresponsabilità nei confronti dei figli. E poi c’è una parte di Paese che grida No a tutto questo e non ha paura di manifestare il suo dissenso.

Enri ti presento Elly

È bastata la scalata della Schlein alla vetta del Pd per rianimare il popolo della sinistra, smarrito sulla via del Nazareno. Lavoro, diritti, ambiente: la ricetta è quella giusta? Il sassolino del direttore di Collettiva, Stefano Milani

Interno giorno. Trattoria affollata, adiacente alla sede del Pd. Elly, neosegretaria, al tavolo difronte a Enri, segretario uscente. Parlano amabilmente. Poi all’improvviso lei si rivolge al suo commensale: “Sai riconoscere un compagno che finge?”. “A occhi chiusi”, risponde ostentando sicurezza. In un baleno spunta sul volto di Elly un sorrisone 16:9 e comincia a urlare in preda a un’estasi celestiale: “Sanità pubblica!”. “Progressività fiscale!”. “Salario minimo!”. “Transizione ecologica!”. “Più diritti alle donne!”. “Pace subito!”. “Al fianco delle ong!”. Nel locale, zeppo di funzionari di partito con la forfora, cala un imbarazzante silenzio. Chi fugge in bagno, chi si finge morto, chi sfoglia la Margherita. In un angolo, un po’ in disparte, una ragazza ammicca soddisfatta al cameriere: “Quello che vota lei”. Titoli di coda con desiderio non richiesto. Ovvero che il nuovo barlume di sinistra non duri il tempo di un orgasmo, ma possa essere l’inizio almeno di un corteggiamento. E il finale sia da commediona americana e non che pensavo fosse amore invece era un Calenda.

Otto marzo tutto l’anno

Mercoledì è stata la Giornata Internazionale della Donna. Non la festa. Un momento serio in cui dovrebbe continuare o ripartire la riflessione e l’azione per abbattere le discriminazioni di genere. Dallo stipendio, che registra vergognose differenze al ribasso con quello dei colleghi, alla carriera, alla cultura, allo spettacolo, allo sport, alla possibilità di cimentarsi in tutti i campi sociali e professionali tradizionalmente interdetti alle donne, al loro ruolo sociale, al lavoro di cura, al loro corpo, al diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, alla violenza di ogni tipo esercitata contro le donne, sono tante le trincee in cui si combatte questa battaglia, che dovrebbe essere quotidiana e non relegata all’8 marzo. C’è un tetto di cristallo che impedisce a moltissime donne, ancora oggi, di venire fuori, di affrancarsi. A ogni latitudine, che si parli di geografia o di livello sociale. Soltanto l’educazione, fin dalle scuole d’infanzia, la cultura, l’impegno di tutti coloro che vogliono davvero arrivare alla parità di genere possono cambiare questo stato di fatto. Per leggere tutte le iniziative organizzate dalla Cgil in quella giornata e approfondirne i temi, cliccate su collettiva.it. Noi questo otto marzo lo dedichiamo a Mahsa Amini picchiata a morte dalla polizia in Iran il 16 settembre 2022 perché dal velo le sfuggiva una ciocca di capelli. Che il suo sacrificio e il suo esempio possano continuare a infondere coraggio e a illuminare il cammino delle donne di tutto il mondo lungo la strada dell’emancipazione.

Potevano salvarli tutti

Perché il naufragio non è stato imprevedibile. Per questo domani, sabato 11 marzo, società civile e associazioni, con l’adesione della Cgil, hanno indetto una manifestazione nazionale a Cutro, il luogo in cui è affondata la barca carica di migranti che hanno trovato la morte. È solo l’ultima di una lunghissima serie di tragedie che si dovevano e si potevano evitare. Le persone che partono dalla Turchia, dalla Libia o dalla Tunisia sono obbligate a farlo rischiando la vita a causa dell’assenza di canali sicuri e legali di accesso al territorio europeo. I governi hanno concentrato i loro sforzi solo sull’obiettivo di impedire le partenze, obbligando chi fugge da guerre, persecuzioni e povertà a rivolgersi ai trafficanti. Se le persone morte in mare avessero potuto chiedere e ottenere un visto umanitario non avrebbero rischiato la vita. Se ci fosse stato un programma di ricerca e salvataggio europeo o italiano, quel terribile naufragio si sarebbe potuto evitare. Sulle responsabilità delle autorità competenti indagherà la magistratura. Ma chi ha responsabilità politiche, in primo luogo il governo, non può ribaltare la realtà e scaricare sulle vittime il peso di una strage che ha visto la perdita di 70 esseri umani che si potevano e si dovevano salvare. È arrivato il momento di dire basta e di fermare le stragi.

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