Assemblee e presidi pubblici nelle principali città, da Genova a Palermo, da Bologna a Milano per dire basta allo sfruttamento e chiedere un contratto da dipendente. Li hanno organizzati i rider in tutta Italia in occasione della Giornata di mobilitazione internazionale dei lavoratori delle piattaforme digitali, un’iniziativa lanciata in Europa dal Transnational Forum of Platform Workers, a cui hanno aderito i sindacati di categoria, Nidil e Filt Cgil, a livello locale. Scendono in piazza oggi (28 giugno) a sostegno della proposta di direttiva europea che punta a una regolamentazione dei lavoratori su piattaforma.

La normativa comunitaria tende a migliorare la condizione giuridica, economica e sociale di quanti nella Ue prestano l'attività lavorativa attraverso le oltre 500 piattaforme digitali che intermediano e organizzano l'attività, società che nell’ultimo anno hanno ottenuto ricavi pari a circa 20,3 miliardi di euro, quintuplicati nel quinquiennio 2016-2020. La Commissione stima che oggi siano 28,3 milioni i platform worker, per lo più appartenenti alle giovani generazioni, destinati a raggiungere la soglia dei 43 milioni entro il 2025. Un vero e proprio esercito di lavoratori sfruttati come manodopera a basso costo, senza accesso ai diritti e alle tutele più basilari e con paghe da fame.

“Con queste iniziative territoriali chiediamo il riconoscimento del lavoro dipendente e l’applicazione del contratto nazionale delle merci – spiega Danilo Morini, Filt Cgil nazionale -. Quindi, no al cottimo, e sì a tutti i diritti che nel mondo dei rider sono delle chimere: contributi, malattia, infortuni ferie. Dobbiamo fare lo stesso percorso compiuto con Just Eat, che ha portato alla contrattualizzazione come dipendenti di 6 mila ciclofattorini in tutta Italia, e con la società italiana Mymenu, altri 600, migliorandolo. E riuscire a coinvolgere anche le altre multinazionali del food delivery”.

La proposta di direttiva contiene una piccola rivoluzione copernicana, che consiste nel ribaltare l’onere della prova: è il datore, cioè la piattaforma digitale, a dover dimostrare che il lavoratore è autonomo e non quest’ultimo a dover rivendicare la subordinazione. Inoltre, vuole intervenire sull’algoritmo, con una maggiore trasparenza su quella tecnologia che consente la gestione automatizzata delle attività. Tutti cambiamenti sui quali le aziende stanno facendo pressione per annacquare la normativa.