A seguito della pandemia nove studenti su dieci manifestano un forte disagio psicologico: il 28 per cento ha dichiarato di avere disturbi alimentari, il 14,5 ha avuto esperienze di autolesionismo, il 10 per cento ha assunto sostanze, il 12 ha abusato di alcol. Questi i dati preoccupanti che emergono dall’indagine Chiedimi come sto sulle conseguenze psicologiche della crisi sanitaria tra i giovani, promossa dalla Rete degli studenti medi, dall’Unione degli universitari e dal sindacato dei pensionati Spi Cgil, che ha coinvolto in un mese 30 mila studenti delle scuole superiori e universitari su tutto il territorio nazionale.

Secondo lo studio, condotto dai ricercatori dell’Istituto Ires dell’Emilia-Romagna, nel corso dell’emergenza sanitaria sono cresciute le emozioni negative, tra cui la noia, la demotivazione, la solitudine, l’ansia, la paura e la rabbia. E naturalmente sono diminuite quelle positive e in particolare il senso di libertà, la voglia di fare, la serenità e l’allegria.

“Prima la pandemia, ora la guerra. E ancora il cambiamento climatico, il futuro che si fa sempre più incerto, la prospettiva di un lavoro precario e sfruttato – dichiara Ivan Pedretti, segretario generale Spi Cgil -. Eventi traumatici che ci sconvolgono e ci colpiscono tutti, ma che sui giovani stanno avendo un impatto devastante, perché avvengono in quella stagione della vita in cui ci si forma, si cresce e si cerca la strada giusta da percorrere”.

Proprio di supporto e vicinanza hanno bisogno i nostri ragazzi se, come emerge dall’indagine, la prima e la più corposa sul tema, hanno cambiato comportamenti e abitudini nel post Covid: è aumentato l’uso dei social (78 per cento), dei videogiochi (30,7) e del fumo (18). Sono invece diminuiti gli incontri con gli amici, sia online che in presenza (48 per cento) e la cura del proprio aspetto fisico (37). Il 64 per cento ha subito un cambiamento dei ritmi del sonno.

Negative anche le conseguenze della didattica a distanza, che ha allontanato gli studenti dai libri e dall’amore per la conoscenza: se più di un quarto ha pensato di abbandonare gli studi durante l’emergenza sanitaria, l’esperienza della Dad ha suscitato nella gran parte di quanti hanno partecipato alla ricerca noia, fatica a stare davanti a uno schermo, demotivazione, ansia, senso di solitudine.

Se tra i valori spiccano la dimensione collettiva che prevale sull’individualismo, la spinta al cambiamento che supera quella verso le tradizioni, e la solidarietà che è più diffusa rispetto alla competizione, la visione del futuro è in chiaro-scuro: gli atteggiamenti e gli stati d’animo che più di frequente la rispecchiano sono la curiosità ma anche l’insicurezza e la paura. Più in generale, il 60,3 per cento degli studenti guarda in prospettiva con criticità molto elevata alla propria salute mentale, il 90 per cento ritiene utile e chiede che ci sia un supporto psicologico a scuola e all’università. Di questi, il 35 per cento vorrebbe usufruirne. Un’esigenza molto sentita, dimostrata dal fatto che il 26,2 per cento si è già rivolto a un servizio di consulenza psicologica nel corso dell’emergenza pandemica.

“Ansia, paura, stress, solitudine sono le sensazioni prevalenti che emergono dall’indagine, ma risulta con chiarezza anche la volontà di superare le difficoltà – conclude Pedretti -. Guardiamo a questi ragazzi e a queste ragazze con affetto, curiosità, disponibilità, senza paternalismi. Ascoltiamoli, aiutiamoli e costruiamo insieme a loro un Paese migliore.

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