Un mondo del lavoro diversificato e frammentato. Il tessuto sociale indebolito e impoverito dalla pandemia, ora dagli effetti già presenti della guerra. E poi le tante risorse stanziate negli anni passati per sostenere l’economia provata dal Covid, e oggi le tantissime in arrivo dall’Europa. Risorse che hanno suscitato e suscitano interessi e appetiti della criminalità organizzata. Capire e conoscere per prevenire. Queste le motivazioni che hanno spinto la Filcams Cgil a istituire un Osservatorio sull’illegalità nel terziario che ha prodotto il suo primo Rapporto: oggi, 31 marzo, viene presentato in un webinar in diretta su Collettiva a partire dalle 10.

Le mafie, ormai avremmo dovuto impararlo, nelle fasi di crisi si sentono a proprio agio, ed è allora che fanno affari. Qualche esempio? La Seconda guerra mondiale, prima con la borsa nera e poi con ricostruzione del Paese, è stata una grandissima occasione non solo di arricchimento illegale, ma anche di commistione tra criminalità organizzata, istituzioni e politica. E poi i tanti, troppi terremoti - come ricorda Stefania Pellegrini, docente dell’Università di Bologna, nel suo saggio -, da quello del Belice del 1968 fino ai più recenti sismi del centro Italia, passando per quello dell’Emilia-Romagna, sono stati davvero un piatto ricco.

E, oggi, il piatto ricco è costituito dalla ricostruzione dell’economia terremotata dal coronavirus. In realtà, come sottolinea Pellegrini, già durante i mesi del lockdown la criminalità organizzata ha prosperato: “Solo le mafie che basavano i loro introiti sul pizzo hanno subito un duro contraccolpo dalla chiusura degli esercizi commerciali. Ma tutte le organizzazioni operanti su grande scala hanno dimostrato di saper veleggiare sul mare dell’emergenza sanitaria. Questo riguarda soprattutto i business basati sui traffici illegali, dalla droga, al gioco d’azzardo”.

Non solo. C’è un altro versante molto “frequentato”, è sempre la docente bolognese ha spiegarlo: “Una vulnerabilità esasperata dalla precarietà del lavoro ha indotto molte persone che si sono trovate senza reddito o con un reddito falcidiato ad accettare offerte allettanti di un guadagno mediante attività illecite. L’indigenza sempre più diffusa e la debolezza degli interventi di sostegno al reddito possono aver spinto questi soggetti a rivolgersi all’unico interlocutore rimasto”. Così come a quello stesso interlocutore si sono rivolte diverse aziende entrate in crisi e a rischio chiusura, tra fallimenti e ricorso a prestiti usurari le occasioni di arricchimento sono state davvero tante. Basti pensare che dai dati elaborati dallo Scico (il Servizio Centrale di investigazione della criminalità organizzata della Guardia di Finanza) risulta che solo tra maggio e luglio 2020 si siano registrati 13 mila atti di compravendita di aziende e quote societarie per un totale di 22 miliardi di euro. E nella ristorazione hanno cambiato titolare 586 società su oltre 33 mila, a cui vanno aggiunte 500 legate all’ingrosso di alimentari.

Se questo delineato da Pellegrini è il quadro complessivo, molto più dettagliato nel suo scritto integrale, cosa succede nei diversi settori del terziario e dei servizi, quelli rappresentati dalla Filcams? Il tratto di fondo è quello della pervasività. Il turismo è un settore oggi tra i più colpiti dalla crisi, ma fino all’avvento del Covid-19 uno dei più fiorenti del nostro Paese, in costante crescita. E, secondo il primo Rapporto dell’Osservatorio, tra i più infiltrati di illegalità. Da quella mafiosa fino a quella legata al lavoro nero e grigio, e all’elusione ed evasione contributiva e fiscale. Scrivono gli economisti Stefano Landi e Paolo Roca Rey che nel periodo tra il 2016 e il 2019 (ultimi dati disponibili) l’interesse della criminalità organizzata nei confronti delle attività imprenditoriali legate al turismo ha avuto una crescita media annua di circa il 52 per cento. Come era prevedibile, le regioni più colpite sono quelle meridionali, soprattutto Sicilia e Calabria, ma anche Lazio, Toscana, Friuli Venezia Giulia e Abruzzo non scherzano. Se poi si “osserva” il dato del lavoro nero, così come emerge dall’Ispettorato nazionale del lavoro, si scopre che l’incidenza in questo settore è del 64 per cento: ben 24 punti percentuali in più del terziario e 22 in più sull’economia nel suo complesso. E lavoro nero significa meno salario, meno diritti, evasione contributiva ma anche rischio maggiore su salute e sicurezza.

“L’ambito che nel settore terziario risulta più massivamente contrassegnato da un diffuso sfruttamento e da varie forme di illegalità è sicuramente quello del lavoro domestico di cura e dei servizi alla persona, ormai da diversi anni prevalentemente rappresentato da lavoratrici immigrate”, afferma Marco Paggi, avvocato esperto in diritto del lavoro, in apertura del suo saggio. Ed è probabilmente esperienza di tutti noi quella di esserci imbattuti in una qualche forma di irregolarità nei rapporti di lavoro domestico attivati da persone conosciute. La verità è che questo tipo di illegalità è scarsamente considerata, è come se ci fosse una dispercezione ottica che ne impedisce di coglierne la dimensione illegali e di gravità. A contribuire al mantenimento di questo stato di illegalità sono anche le incongruenti e sbagliate leggi sull’immigrazione che, tra l’impossibilità di assumere legalmente chi è arrivato nel nostro Paese in maniera irregolare, e il blocco del decreto flussi, per anni hanno reso difficile, anche per quelle famiglie che volessero attivare regolare contratto, trovare lavoratrici disponibili.

“A fronte della stima di circa 300.000 persone senza permesso di soggiorno occupate nei servizi alle persone e alle famiglie, scrive Paggi, l’ultimo provvedimento di emersione di cui all’art. 103 del Dl 34/2020 ha visto presentate solo 176.848 domande di sanatoria relative al lavoro domestico, di cui a oggi solo una modestissima percentuale è stata definita: se venissero tutte accolte, in Italia avremmo un incremento del numero di lavoratori domestici regolari di oltre il 20 per cento”.

Pulizie nelle scuole, uffici, ospedali; mense aziendali e ristorazione, guardiania e sicurezza di uffici pubblici e privati e molto altro ancora, sono tutti “servizi” erogati da lavoratrici e lavoratori in appalto. E gli appalti, è cosa tristemente nota, sono una delle porte d'ingresso della corruzione e della criminalità organizzata nell’economia. Il saggio di Pierdanilo Melandro, avvocato specializzato in contratti pubblici, non fornisce i numeri del fenomeno ma analizza quali sono le fasi e le procedure degli appalti pubblici che maggiormente lasciano aperti spiragli alle infiltrazioni. E suggerisce strategie per contrastare l’illegalità negli appalti pubblici

Insomma, a scorrere le pagine del Rapporto, i saggi con “i numeri” e quelli che contestualizzano il fenomeno delle tante facce dell’illegalità pervasiva, non solo non ci si annoia, ma si partecipa a un corso accelerato di storia patria, quella appunto dell’infiltrazione delle mafie e delle illegalità nell’economia sana del Paese, utilissimo non solo a conoscere ma anche, per un sindacato, a tarare la propria azione per prevenire e contrastare.

L’appuntamento per assistere alla presentazione del Rapporto è alle 10 su Collettiva, con gli autori del Rapporto discuteranno: Daniele Di Nunzio e Beppe Di Sario, Fondazione Di Vittorio; Alessio Festi, Osservatorio contro le attività della criminalità organizzata Cgil Emilia-Romagna; Jane Rene Bilongo, Osservatorio Placido Rizzotto Flai Cgil; Enza Rando, vice presidente nazionale Libera; Roberto Montà presidente nazionale di Avviso Pubblico. Introduce e modera Luca De Zolt, Filcams Cgil.