Il 28 ottobre 1922, con la marcia su Roma, Benito Mussolini prendeva il potere. All’inizio del 1925 il duce decide una svolta in senso totalitario attraverso una serie di provvedimenti liberticidi (le cosiddette leggi fascistissime), che annulleranno - di fatto - qualsiasi forma di opposizione al fascismo.

Sul piano sindacale, con gli accordi di Palazzo Vidoni del 2 ottobre 1925, Confindustria e sindacato fascista si riconoscono reciprocamente quali unici rappresentanti di capitale e lavoro abolendo le Commissioni Interne. La sanzione ufficiale di tale svolta arriva con la legge n. 563 del 3 aprile 1926, che riconosce giuridicamente il solo sindacato fascista (l’unico a poter firmare i contratti collettivi nazionali di lavoro), istituisce una speciale Magistratura per la risoluzione delle controversie di lavoro, cancella il diritto di sciopero.

Recitava il patto: “La Confederazione generale dell’industria riconosce nella Confederazione delle corporazioni fasciste e nelle organizzazioni sue dipendenti la rappresentanza esclusiva delle maestranze lavoratrici. La Confederazione delle corporazioni fasciste riconosce nella Confederazione generale dell’industria e nelle organizzazioni sue dipendenti la rappresentanza esclusiva degli industriali. Tutti i rapporti contrattuali tra industriali e maestranze dovranno intercorrere tra le organizzazioni dipendenti della Confederazione dell’industria e quelle dipendenti della confederazione delle corporazioni. In conseguenza le commissioni interne di fabbrica sono abolite e loro funzioni sono demandate al sindacato locale, che le eserciterà solo nei confronti della corrispondente Organizzazione industriale. Entro dieci giorni saranno iniziate le discussioni delle norme generali da inserirsi nei regolamenti”.

Il regime, di fatto, avocava a sé la rappresentanza sindacale con il consenso della Confindustria, che da quel momento avrà come unici referenti sindacali le corporazioni fasciste e non più i sindacati liberi.

Il 4 gennaio 1927, in seguito ai provvedimenti emessi dal fascismo, il vecchio gruppo dirigente della CGdL decide l’autoscioglimento dell’organizzazione. Contro tale decisione, nel febbraio 1927, Bruno Buozzi ne decreta a Parigi la ricostituzione.

Nello stesso mese, durante la prima Conferenza clandestina di Milano, anche i comunisti danno vita alla loro Confederazione Generale del Lavoro (a capo della CGdL comunista, dopo l’espulsione di Paolo Ravazzoli dal Pcd’I, è chiamato nel 1930 Giuseppe Di Vittorio). In questo modo, dalla fine degli anni ‘20 e fino alla caduta della dittatura fascista, convivono di fatto due CGdL: una di ispirazione riformista, aderente alla Federazione Sindacale Internazionale; l’altra comunista, aderente alla Internazionale dei Sindacati Rossi.

Fino alla metà degli anni Trenta i rapporti tra le due confederazioni si mantengono tesi. Quando però il pericolo fascista diventa concreto, soprattutto in seguito alla presa del potere da parte di Hitler in Germania (gennaio 1933), le diverse componenti della sinistra riescono a trovare un terreno comune di iniziativa, evidente nella politica dei Fronti popolari in Francia e Spagna.

Gli effetti si fanno sentire sia sulla politica italiana (con la firma nel 1934 del Patto di unità d’azione tra Pcd’I e Psi), sia sul sindacato, con la firma, il 15 marzo 1936, della Piattaforma d’azione della Cgl unica.

È la premessa per il Patto di Roma, che sarà siglato nella capitale poco più di otto anni dopo. Un patto siglato da Giuseppe Di Vittorio per i comunisti, Achille Grandi per i democristiani, Emilio Canevari per i socialisti. Mancherà una firma, quella di Bruno Buozzi, trucidato dai nazi fascisti poche ore prima.

“La Cgl - recita l’articolo 1 della Piattaforma - ha lo scopo di raggruppare tutti i lavoratori salariati d’ogni corrente politica o religiosa, per la difesa e il miglioramento delle proprie condizioni di vita, sviluppando questa lotta sino all’abbattimento del fascismo e del regime capitalista, condizione indispensabile per l’emancipazione totale del lavoro”.

“La CGL, inoltre, dovrà elaborare le rivendicazioni immediate specifiche per gli operai delle principali branche industriali. In legame alle rivendicazioni del tipo sopra indicato (e ad ogni piccola rivendicazione degli operai) sviluppare la lotta contro la guerra per la pace immediata e senza annessione con l’Etiopia, per il ritiro delle truppe italiane dall’AO; per cacciare Mussolini e tutti i responsabili della guerra; contro la dittatura fascista, per la libertà; per la soppressione del Tribunale speciale e di tutte le leggi antioperaie; per la liberazione delle vittime politiche”.

Per la libertà. Per la pace. Oggi come ieri. Con la consapevolezza di servire una causa grande. Una causa giusta.