“Le telecomunicazioni rappresentano il punto nevralgico attorno a cui costruire una nuova concezione del rapporto tra Stato e mercato. E invece l’egemonia del mercato che si è affermata negli ultimi 30 anni ha letteralmente fatto a pezzi quello che era uno dei più grandi player mondiali del settore, colpendo la nostra capacità di innovazione e le nostre filiere. Tutto ciò non potrà non avere ripercussioni sulla possibilità del nostro paese di gestire al miglior livello i nuovi servizi legati ai dati”. Con Emilio Miceli, segretario confederale della Cgil proviamo a fare il punto – all’indomani dello sciopero – di ciò che la vicenda che interessa Tim può significare rispetto al sistema Italia in generale. 

Un eventuale spezzatino potrà avere secondo te ripercussioni anche sulla tutela dei dati dei cittadini e delle imprese?
Quello che è certo è che noi siamo più tranquilli se il sistema di controllo dei dati non è terziarizzato. Il punto, in ogni caso, è che l’Italia se questo piano va avanti potrebbe registrare una mancanza di capacità competitività di fronte ai players pubblici europei. 

In che senso?
Se per Tim dovesse realizzarsi il piano industriale che sembra voler proporre l’ad Labriola di Tim, saremmo l’unico paese in Europa a non avere un incumbent nel settore delle tlc e, cosa ancora più grave, il solo in cui si supererebbe l'integrazione verticale tra le funzioni di rete e quelle dei servizi tipiche degli operatori telefonici. Ciò significa che, probabilmente, scomparirebbe l’ultimo operatore telefonico italiano.

Cosa succede negli altri paesi?
Il punto è proprio questo. Siamo in una fase di grande fervore organizzativo nel mondo delle tlc. In vista delle grandi sfide del 5G sono in atto grandi processi di riaggregazione finalizzati a una crescita dimensionale del settore e in cui contenuti e infrastrutture sono intimamente connessi. L’esatto contrario di quello che potrebbe accadere in Italia. Non mi sorprendo troppo: siamo il paese che ha privatizzato quando gli altri non lo hanno fatto e che ha smantellato un pezzo dell'industria di sistema, con effetti pesanti sulla nostra industria. Insomma: ci piace andare contromano e con gli occhi bendati.

Cosa chiedete a questo punto al governo?
Il governo farebbe bene a non ascoltare le sirene degli “eterni regolatori” che consigliano di spacchettare, fare spezzatini, e a smettere preoccuparsi più della tenuta giuridica che non di fatto delle nostre aziende. Se c’è una cosa evidente che ci consegna il dibattito italiano ed europeo, è che il sistema pubblico in settori come sanità, tlc, energia e nei servizi a domanda collettiva, deve essere il soggetto che rende il paese più giusto e democratico. Il mercato questa missione non se l’è mai data. Quindi al governo chiediamo parole chiare e di non compiere ulteriori “assassini” tra l’altro, caso assai strano in natura, colpendo sempre la stessa azienda.