I “Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti della libertà” nascono nel novembre del 1943 con lo scopo di promuovere la Resistenza, aiutare le famiglie dei partigiani, combattere espressamente per l’emancipazione sociale, economica e politica della donna.

“Nel novembre 1943, a Milano -  scrive Laura Orlandini - alcune donne provenienti da tre diversi partiti del Cln decisero (…) di gettare le basi per una organizzazione femminile di massa, con il proposito di coadiuvare l’azione spontanea di tutte coloro che individualmente si erano avvicinate all’attività delle prime formazioni partigiane: nacquero così i 'Gruppi di Difesa della Donna e per l’Assistenza ai Combattenti della Libertà', abbreviati spesso come G.D.D., con un atto costitutivo che sarebbe diventato un manifesto di riferimento per ogni nuovo nucleo in formazione. L’intuizione era chiara: la componente femminile della società aveva la possibilità di mettere in moto l’opposizione non armata al regime fascista e all’occupazione nazista, conosceva a fondo le sofferenze portate dalla guerra ed avrebbe avuto bisogno di organizzare una rete di contatto e tutela efficace per usare al meglio le proprie potenzialità. Non c’era azione di supporto e collaborazione attiva con la Resistenza partigiana che non necessitasse di una coordinazione efficiente per poter garantire protezione, sostegno e continuità. Le donne costituivano l’anima della vita civile in tempo di guerra ed era indispensabile pertanto creare una struttura trasversale, di massa, che andasse al di là dei partiti e che raccogliesse le energie antifasciste mantenendole unite in alleanze operative”.

“Giovanna Barcellona, Ada Gobetti, Lina Merlin, Rina Picolato e io. Eravamo in cinque, sono l’unica rimasta - raccontava Lina Fibbi, nel novembre 2003 -. Tutti vogliono sapere il giorno della fondazione dei 'Gruppi di difesa della donna e per l’Assistenza ai Combattenti della Libertà', ma io non ricordo se fu proprio il 13 novembre del 1943, non ricordo se nella casa c’era una stufa rossa, ricordo che ci siamo trovate in un appartamento di Milano, ma allora si era costretti a cambiare le case così spesso che è difficile ricordare. Quello che ricordo con certezza è che non ci incontrammo quel giorno per fondare i Gruppi, non sono cose che nascono in un giorno (il 13, il 15?) per decidere la responsabile (Rina Picolato), il nome definitivo, un documento che contenesse lo scopo e gli obiettivi di questa organizzazione. Da quel momento il nostro compito fu quello di estendere l’organizzazione in tutta l’Italia. Bisognava andare in giro, aiutare le donne, verificare i loro compiti, ma soprattutto prendere contatti con le forze cattoliche, liberali e a poco a poco divenne organizzazione in cui erano rappresentate tutte le forze politiche, ma anche di tante donne che volevano fare qualcosa per cacciare i tedeschi e i fascisti. Secondo me i Gdd hanno rappresentato una delle colonne della Resistenza, infatti anche quelle che non vi erano direttamente organizzate, in qualche modo avevano nei Gruppi un referente. Prendiamo le donne della campagna, sono indubbiamente quelle che hanno dato di più: qualche giorno fa sono andata a Siena, ho incontrato una donna che avrà avuto oltre novant’anni; ebbene, durante la Resistenza aveva nascosto nel suo granaio molti soldati. Arrivarono i tedeschi, le chiesero se nascondeva qualcuno e lei negò. Perquisirono, ma non riuscirono a trovare nessuno. Quante donne come questa contadina hanno nascosto, sfamato soldati, renitenti, partigiani! Questa grande partecipazione ha cambiato le donne, non a caso dai Gdd sono nate l’Udi, il Cif e un impegno serio nelle organizzazioni sindacali”.

“Sarà la tua partecipazione alla lotta, sempre più attiva, che ti permetterà di conquistare i diritti, non solo economici, ma anche politici i quali ti permetteranno di affiancarti all’uomo per la ricostruzione dell’Italia nella nuova costituente, nella nuova democrazia progressiva”, recitava un volantino diffuso dal Comitato provinciale modenese dei Gruppi di Difesa della Donna il 3 aprile 1945. Non sbagliava.

Chiusa finalmente la triste parentesi fascista, il decreto legislativo luogotenenziale 1 febbraio 1945 n. 23 “concederà” alle maggiorenni di 21 anni il diritto di voto attivo, mentre il decreto legislativo luogotenenziale 10 marzo 1946, n. 74 concederà alle donne maggiori di 25 anni il diritto di voto passivo.

“Un diritto che venne riconosciuto in extremis nell’ultimo giorno utile per la composizione delle liste elettorali, alla fine del gennaio ’45 - dirà Marisa Cinciari Rodano in occasione della presentazione del libro Le donne della Costituente per la celebrazione del 60° della Costituzione (Roma, 31 maggio 2007) - ma che non fu, come taluno sostiene, una benevola concessione, ma il doveroso riconoscimento del contributo determinante che le donne, con le armi in pugno e soprattutto con una diffusa azione di massa, di sostegno alla Resistenza, avevano dato alla liberazione del Paese”.