La decisione di scegliere il 25 aprile come festa della Liberazione viene presa “fino  a  quando  non diversamente stabilito” il 22 aprile del 1946, quando il governo italiano provvisorio stabilisce - con un decreto - che il 25 aprile debba essere festa nazionale (la data sarà fissata in modo definitivo con la legge n. 269 del maggio 1949). 

Il decreto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1946 n. 185 così recita: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato Festa Nazionale”. La disposizione festiva viene ratificata dal Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola con il decreto legislativo del 12 aprile 1947, n. 208 che nell’art. 1 prevede:  “A celebrazione del secondo anniversario della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1947 è dichiarato Festa Nazionale”.

Anche il decreto Legge n. 322 del 20 aprile 1948 ribadisce che “A celebrazione del terzo anniversario della totale liberazione del territorio italiano il 25 aprile 1948 è dichiarato Festa Nazionale”, ma nella seduta del Senato della Repubblica del 17 settembre 1948, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi in concerto con i ministri del Tesoro e del Lavoro e della previdenza sociale, viene presentato in Senato il disegno di legge n. 75  relativo al "nuovo elenco delle ricorrenze festive". Il 25 aprile è inserito tra le solennità civili e non più, così com’era successo per gli anni precedenti, tra le festività nazionali. Da questo momento solo il 2 giugno avrà - per legge - l’appellativo di festa nazionale.

“Il popolo italiano - affermava Giuseppe Di Vittorio il 25 aprile 1946 - ha celebrato il primo anniversario della conclusione vittoriosa dell’insurrezione nazionale, che costituisce una delle pagine più significative e gloriose della storia d’Italia. L’aspetto più saliente e nuovo della vittoria italiana del 25 aprile non è tanto nel fatto in sé della liberazione del nostro Paese dal feroce invasore tedesco e dai suoi tristi complici italiani, quanto nel fatto che questa memorabile vittoria è stata conseguita dagli stessi italiani, dalle masse profonde del nostro popolo”.

È soprattutto questo il motivo che fa del 25 aprile 1945 una data completamente differente da tutte le altre: perché la Liberazione, sempre a giudizio del leader sindacale, ha chiuso definitivamente una fase della storia d’Italia e ne ha aperta una nuova, della quale le masse popolari italiane sono l’autentico protagonista. 

“L’insurrezione vittoriosa di tutto il popolo dell’Italia del Nord - proseguiva Di Vittorio - realizzò la premessa essenziale della rinascita e del rinnovamento democratico e progressivo dell’Italia, come della sua piena indipendenza nazionale. È per noi motivo di grande soddisfazione ricordare che a questo movimento di riscossa nazionale, il contributo più forte e decisivo fu portato dai lavoratori italiani”.

Sì, perché furono gli operai, i contadini, gli impiegati e i tecnici a costituire “la massa e il cervello delle gloriose formazioni partigiane e di tutti i focolai di resistenza attiva all’invasore tedesco”. 

“Chi può dire - si chiedeva il segretario generale della Cgil - se la clamorosa vittoria del 25 aprile sarebbe stata possibile, senza gli scioperi generali grandiosi che, dal marzo 1943, si susseguirono, a breve distanza, sino al 1945? Quegli scioperi, che contribuirono fortemente a paralizzare l’efficienza bellica del nemico e a sviluppare la resistenza armata, costituiscono un esempio unico e glorioso di lotta decisa dalla classe operaia sotto il terrore fascista, sotto l’occupazione nazista e in piena guerra”.

Un esempio “che additava il proletariato italiano all’ammirazione del mondo civile! I lavoratori italiani, manuali e intellettuali, non dimenticano. Essi hanno piena coscienza di essere stati il fattore determinante della liberazione dell’Italia, per opera degli italiani; della salvezza. Dell’onore dell’Italia e dell’attrezzatura industriale del Nord. Essi sono consapevoli dell’obbligo che si sono assunti di essere un pilastro basilare della nuova Italia democratica. Solidamente uniti nella grande Confederazione generale italiana del lavoro, i lavoratori italiani saranno all’altezza della loro funzione di forza coesiva dell’Italia rinnovata; della forza che assicurerà stabilità e ordinato progresso al nuovo regime democratico e che assicurerà al popolo italiano la libertà, il benessere e una più alta dignità civile e umana”.

Per questo il 25 aprile è per noi la festa - nazionale o civile che sia per legge - più bella, simbolo dell’Italia libera, repubblicana, democratica, fondata sul lavoro, antifascista. Valori sanciti dalla Carta Costituzionale e scolpiti negli articoli di cui si compone.

In questa Costituzione (…) c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato. Tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie son tutti sfociati in questi articoli. (…) Quanto sangue e quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro a ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. (…) Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione.

Perché lì ci sono le ragioni del 25 aprile, la festa più bella di tutte.