Quello che si apre oggi è un primo importante momento per affrontare insieme alle organizzazioni sindacali, alla politica, al mondo del diritto, il tema della democratizzazione delle Forze armate e di una profonda riforma del sistema militare come indicato dalla sentenza della Corte costituzionale del 2018 che ha dichiarato incostituzionale la norma dell’ordinamento militare che vietava ai lavoratori in uniforme di costituirsi in sindacati.

La Cgil, non solo  ha  sostenuto i ricorsi delle associazioni militari offrendo tutta la propria capacità organizzativa e politica al fine di raggiungere il risultato favorevole, ma ha anche promosso un ricorso, relativo alla Guardia di Finanza, al Comitato europeo dei diritti sociali, per sostenere che in Italia  erano violati gli articoli della Carta sociale europea impedendo ai militari di costituirsi in organizzazione sindacale. La decisione del Comitato che ha riconosciuto le ragioni della Cgil, ha assunto anche un valore importante nella pronuncia della Corte costituzionale. Per questa nostra storia, quindi, saremo presenti agli Stati Generali dei sindacati dei militari con il segretario confederale Giuseppe Massafra.

La pronuncia dell’Alta Corte assume un ruolo rilevante dal punto di vista politico sindacale aprendo alla possibilità di costituire forme di rappresentanza delle istanze delle lavoratrici e dei lavoratori in divisa su questioni come, a esempio, la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro e i rinnovi contrattuali. Non solo, assume rilevanza anche rispetto ad un più generale processo riformatore delle forze armate.

L’abrogazione della disposizione dell’ordinamento militare ha, infatti, determinato un vuoto normativo che il Parlamento è chiamato a colmare. Al momento, dopo esser passato al vaglio della Camera dei Deputati, è fermo al Senato, il ddl 1893, che giudichiamo assolutamente irricevibile in quanto distante sia dalle reali esigenze dei lavoratori del settore, sia dalle stesse indicazioni dettate dalla sentenza della Corte Costituzionale. Il Disegno di legge è sbagliato proprio nel suo impianto di partenza, laddove colloca la materia delle tutele delle lavoratrici e dei lavoratori in divisa in una posizione impropria.

L’individuazione della giurisdizione amministrativa anziché quella del giudice del lavoro per la risoluzione delle controversie in materia di lavoro determina una condizione nella quale al militare, nella sostanza, non viene riconosciuto lo status di lavoratore.
Ma non solo, il ricorso alla giustizia amministrativa, per i costi elevati che comporta rispetto al giudice del lavoro, diventa anche una discriminante mettendo a rischio la possibilità di tutelare i propri diritti.

Questi elementi, insieme ad altri, a nostro avviso rappresentano un grave elemento di differenziazione dal resto del mondo del lavoro e sostengono un impianto di separatezza di cui il Disegno di legge è pervaso e che per noi non è accettabile.

Il muro che viene alzato tra le organizzazioni sindacali militari, il mondo militare nel suo insieme e il resto del contesto sindacale e, più in generale, del contesto sociale, economico, culturale del Paese, stride con i valori democratici del nostro ordinamento.
Il progetto di legge, a nostro avviso, va oltre le indicazioni della sentenza della Corte Costituzionale che pone solo i limiti del dettato costituzionale mentre il testo proposto richiude quegli spazi di democrazia che invece la Corte ha aperto.

Le Forze dell’ordine e le Forze armate sono istituzioni che devono vivere all’interno di una società complessa e ne devono essere parte integrante. Anche la politica deve cambiare il proprio approccio verso il mondo complesso delle Forze armate, l’appoggio a posizioni che rivendicano una necessaria separatezza in nome di una malintesa “neutralità” che rischia di diventare sostegno a propositi corporativi, o la superficialità a cui ci si avvicina a questo mondo non hanno dato e non danno in alcun modo risposte alle esigenze e ai disagi che i lavoratori in divisa esprimono.

C’è bisogno e urgenza di interventi profondi capaci di conquistare trasparenza e vivere democratico, e di rendere pienamente esigibile, con i limiti che la Costituzione indica, l'agire sindacale, elementi in grado di contrastare quelle spinte corporative nelle quali molti tendono a chiudersi e quei comportamenti illegali, dovuti anche a senso di impunità,  che purtroppo sono avvenuti di recente come per esempio, nella caserma dei carabinieri a Piacenza laddove la recente sentenza del Tribunale  del luogo ha riconosciuto al SILCA (Sindacato italiano lavoratori carabinieri), costituitosi parte civile, e al sindacato in generale il ruolo di presidio democratico  e di tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori in divisa che trovano in queste organizzazioni il luogo idoneo per la completa affermazione dei diritti riconosciuti dalla Costituzione anche nell’ambito militare.

Le libertà sindacali e il corretto esercizio della contrattazione possono aiutare questo processo di riforma. È ora che si marci speditamente verso una riforma adeguata, e ci auguriamo che il legislatore e il Governo siano capaci di cogliere appieno questa necessità.

Per quanto ci riguarda se il disegno di legge sarà approvato così com’è, se non ci saranno profonde modifiche che aiutino il processo di democratizzazione nelle forze armate, ricorreremo di nuovo alla Corte Costituzionale e alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Non ci fermeremo e saremo al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori in divisa.

*Fabrizio Spinetti è il responsabile Cgil coordinamento rapporti con i sindacati militari