L’allungamento della speranza di vita è una delle più evidenti conquiste degli ultimi anni e fa dell’Italia uno dei Paesi più longevi al mondo. Una conquista sicuramente da preservare e rafforzare, ma che rischia di trasformarsi in una zavorra se non adeguatamente gestita. Con l’invecchiamento della popolazione aumentano gli anni d'inattività, quindi aumenta il peso a carico degli attivi; in alcuni casi, alla situazione d'inattività si associa anche quella della malattia, ancor più di complessa gestione se cronica, sino alle situazioni estreme di non autosufficienza.

Vi sono modi diversi per affrontare tale processo. Ve n’è uno, più conservativo e tradizionale, che mantiene in carico alla famiglia la gestione dell’anziano attraverso forme di cura e assistenza che, se non svolte direttamente dai familiari, sono da loro finanziate attraverso il ricorso a badanti o a strutture dedicate (Rsa). Tutto questo, oltre a generare frustrazione sia dell’assistito sia dei suoi familiari, comporta costi sociali ed economici non indifferenti, dando anche vita ad attività lavorative precarie e mal pagate.

Altre strade
Tale soluzione però non è ineluttabile. È infatti possibile far fronte alle esigenze dell’anziano facendo ricorso all’arma più potente a disposizione di un Paese sviluppato: l’innovazione. Ma questa non deve riguardare solo i processi industriali, ma coinvolgere anche il settore dei servizi alla persona e, tra questi, anche quelli destinati agli anziani. Si tratta quindi d'innovazione tecnologica, ma anche sociale. Consentirà, attraverso le attuali tecnologie, di garantire l’assistenza e la cura dell’anziano con un elevato grado di autonomia per quest’ultimo.

La pandemia da Covid-19 ci ha fatto capire come con la tecnologia si possa disporre ugualmente di una serie di servizi pur rimanendo a casa, e si è accelerato così, in pochi mesi, un processo di apprendimento. Questo processo non ha però trovato tutti ugualmente dotati di strumenti e di conoscenze adeguate. La disponibilità di tecnologie e la capacità di utilizzarle non è la stessa per tutti: dipende, ad esempio, dall’età del fruitore o dal suo luogo di residenza, determinando difficoltà ulteriori per chi vive nelle aree interne, più lontane dai poli ospedalieri più avanzati.

Lo Spi Cgil, partendo da queste considerazioni, ha avviato un laboratorio biennale (il progetto Sociotechlab) in sinergia con tutte gli Spi regionali e avvalendosi del contributo di un Comitato tecnico scientifico costituito a partire dalla collaborazione con la Scuola universitaria superiore Sant'Anna di Pisa, con la quale è stata sottoscritta un'importante convenzione.

Previsioni demografiche
Il progetto Sociotechlab cercherà, a partire dalle previsioni demografiche, sia di quantificare il fenomeno dell’invecchiamento (quanti anziani e, soprattutto, quanti nelle classi di età più critiche) sia di qualificarne i bisogni fondamentali per comprendere come affrontarli. Le soluzioni verranno dalle tecnologie esistenti, che per essere utilizzate necessiteranno di una nuova modalità di formazione. Una formazione bidirezionale, perché se, da un lato, occorrerà formare la persona anziana all’uso di strumenti che nel corso della sua vita non è stato abituato a utilizzare, dall’altro, sarà destinata allo stesso tecnologo perché nella progettazione degli utensili tenga conto delle caratteristiche dell’utente e della sua effettiva capacità di utilizzarli.

I giovani protagonisti
In questo processo di formazione le nuove generazioni potranno essere protagoniste attive nello svolgere questa funzione di intermediazione tra utente e produttore, per far sì che oggetti spesso già progettati possano essere concretamente utilizzati. Questo nuovo modo di fornire i servizi legati all'assistenza e alla cura dell’anziano richiederà inoltre figure professionali diverse, creando quindi nuovi posti di lavoro, oltre a qualificare il lavoro spesso precario oggi coinvolto in tali processi.

Questa è innovazione sociale, che si genera attivando un nuovo patto generazionale. Un patto che, da un lato, libera le giovani generazioni dall’obbligo dell’assistenza dei familiari più anziani, creando opportunità di lavoro più qualificate e indirizzando in tale direzione i nuovi processi formativi, dall’altro lato, rende le anziane e gli anziani più autonomi attraverso l’impiego di una tecnologia finalmente amica.

Susanna Felicetti è cordinatrice nazionale dello Spi Cgil. Stefano Casini Benvenuti è coordinatore del Comitato tecnico scientifico del progetto.