Anna Maria Battaglia è una studentessa. Una ragazza di poco più di vent'anni che una sera di aprile viene uccisa in strada da un coetaneo. È il 1971. Lei è uscita dall'abitazione del fidanzato. L'aggressore, invece, ha comprato una pistola, quando la vede sbucare dal portone spara. Ripetutamente. Fino a due colpi fatali: uno al volto, l'altro alla testa. Poi fugge. Quando lo trovano - grazie ad alcune testimonianze - confessa: "L'ho uccisa perché ero pazzo di lei".  A Palermo è il primo femminicidio. Il primo che abbia le caratteristiche che da allora abbiamo imparato a riconoscere, persino nella cronaca deplorevole che ne viene fatta. Anna Maria viene descritta come una ragazza che "viveva di contraddizioni continue, dal movimento studentesco alle crisi mistiche". Il giovane che l'ammazza come uno che sul libretto universitario aveva "una sfilza di trenta e lode", ma aveva "un sistema nervoso indebolito dal troppo studio".  Il femminicidio diventa "un atto di follia puro e semplice". Colui che l'ha compiuto viene internato per qualche anno in un manicomio e presto liberato.

Oggi a cinquant'anni da quel giorno le donne della Cgil Palermo hanno chiesto all'amministrazione cittadina di intitolare alla ragazza un luogo simbolo della città. "Per troppi anni - ha dichiarato Enza Pisa, responsabile del coordinamento donnedella Camera del lavoro - nessuno ha voluto chiamare quel delitto di efferata violenza con il suo vero nome. Oggi la famiglia, sconvolta per sempre da questa tragedia, vuole ricordare la giovane donna che era Anna Maria, una ragazza solare, aperta alla vita, impegnata, piena di progetti, e sta condividendo il suo ricordo con i tanti amici che l'hanno conosciuta. Ci associamo, esprimendo solidarietà e vicinanza alla famiglia di Anna Maria e a tutte le donne che hanno subito violenza di genere e alle famiglie delle vittime”.