Il carcere, una realtà tra le più complesse, per chi vi “risiede” e per chi ci lavora trascorrendo diverse ore al giorno. Un ambiente spesso aggressivo, trascurato e ai limiti della sicurezza. Non è un caso che aumenti progressivamente, anno dopo anno, il numero dei suicidi di agenti di polizia penitenziaria insieme al numero di aggressioni. Basti pensare che nel solo 2020 siamo già arrivati a sei casi di suicidio. Un fenomeno in spaventosa crescita.

Ma cos’è che non funziona nel carcere oggi? Cosa rende difficile la permanenza e le ore di lavoro negli istituti penitenziari? La Fp Cgil lo ha chiesto agli uomini e alle donne della polizia penitenziaria di tutta Italia, ha visitato carceri, ha ascoltato esperienze dirette e testimonianze. E ha ricostruito tutto quello che manca nel sistema, o almeno una parte.

Oggi nelle carceri alcuni diritti basilari, che si direbbero acquisiti, al contrario mancano completamente. Non concessioni, ma veri e propri elementi di civiltà. Per questo la Funzione pubblica lancia la campagna #StareBeneDentro, una campagna fatta di proposte per migliorare la realtà delle carceri. Proposte consegnate a Bernardo Petralia, capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria. “È arrivato il momento di chiedere alla politica una risposta, che sia chiara, che sia netta. È un fenomeno che non può più essere ignorato o messo in secondo piano”, commenta il sindacato.

Ma cosa manca nel carcere? Cosa rende le condizioni di lavoro del personale di polizia penitenziaria così difficile? Ecco una carrellata di alcuni punti.

Sapevate che negli istituti penitenziari mancano i servizi igienici divisi tra uomini e donne?
Ebbene sì, nella maggior parte delle carceri italiane ancora oggi mancano servizi igienici (docce, bagni, spogliatoi, stanze per il pernottamento e armadietti) suddivisi tra uomini e donne. Il risultato è che le colleghe donne devono rinunciare a usufruirne, oppure attendere che i servizi siano vuoti o spogliarsi e indossare l’uniforme in sgabuzzini di fortuna. Una situazione inaccettabile.

I casi di suicidio aumentano, così anche le aggressioni. Ma per gli agenti di polizia penitenziaria non è prevista alcuna assistenza psicologica.
Ancora oggi, troppo spesso, l’assistenza psicologica è considerata un tabù, nella migliore delle ipotesi un optional irrilevante. Eppure in ambienti come quello del carcere, così duri e complessi, una buona assistenza psicologica può fare la differenza. “Noi crediamo – spiega la Fp - che a tutto il personale di polizia penitenziaria che lavora negli istituti debba essere garantita un’assistenza psicologica completamente gratuita”.

Essere genitori non può essere un handicap, bisogna tutelare la genitorialità con turni ed orari di lavoro flessibili.
Nel mondo del lavoro, si sa, essere genitori è spesso visto come un limite. Nel carcere mamme e papà sono spesso lasciati soli a gestire con estrema difficoltà la conciliazione tra lavoro e vita privata. “È il caso di tutelare i genitori di bambini piccoli dando loro la possibilità di organizzarsi su turni ed orari flessibili, in base alle esigenze familiari”.

Sapevate che le donne sono quasi completamente escluse dalla possibilità di fare carriera?
Questo è reso possibile dal fatto che nei concorsi per i ruoli di ispettore e di sovrintendente (ruoli che non prevedono il contatto diretto con il detenuto e che quindi non spiegano l’esclusione femminile) viene riservato alle donne solo il 9% circa di posti a concorso. Solo 9 donne, contro 91 uomini, possono provare a fare carriera. Un dato sconcertante per il quale non si riesce a trovare una motivazione, nemmeno apparente.

Formazione per il personale, sensibilizzazione e contrasto alle molestie sessuali sono due percorsi da attivare all’interno del carcere. 
“Immaginiamo un percorso di formazione del personale e di sensibilizzazione al tema delle pari opportunità che coinvolga tutti: dipendenti e dirigenti. Parallelamente sarebbe opportuno attivare all’interno delle carceri un processo di monitoraggio e di contrasto alle molestie sessuali. Questo per evitare che il tema di genere sia sentito solo dalle donne, quando al contrario si tratta di una battaglia di civiltà che ci riguarda tutti, nessuno escluso”.

Va da sé che, in un ambiente così delicato, la mancanza di questi diritti non fa altro che rendere ancora più rovinosa la permanenza lì dentro. In un contesto, già di per sé difficile, in un equilibrio precario tra il garantire sicurezza da una parte, e attivare un percorso di rieducazione dall’altra. Questi sono solo alcuni dei punti da cui si può partire per provare a rendere la permanenza nel carcere più serena. “Crediamo possano realmente offrire un miglioramento alla vita e al lavoro nel carcere. Tanto è il lavoro da fare e non possiamo farlo da soli, non possiamo farlo senza l’aiuto dei protagonisti di questa esperienza: i lavoratori”. È per questo che il sindacato lancia, parallelamente alla campagna #StareBeneDentro, un questionario rivolto a tutti gli agenti di polizia penitenziaria che lavorano nelle carceri. Un aiuto essenziale per raccogliere informazioni e comprendere, con gli occhi di chi lo vive, cosa sia realmente la vita nel carcere.