Come Camera del lavoro di Torino, in vista della ripartenza del 4 maggio delle attività economiche ancora ferme, dopo il nuovo Protocollo del 24 aprile, abbiamo immediatamente messo in campo un ciclo di incontri formativi a distanza, che hanno occupato l'intera settimana dal 27 al 30 aprile - coinvolgendo finora 115 tra delegati e funzionari delle categorie - e che proseguiranno anche dal 4 in avanti: moduli brevi, di 3 ore, per un coinvolgimento il più largo possibile, e con una quindicina di partecipanti per volta, per facilitarne la partecipazione attiva nonostante le difficoltà oggettive del mezzo tecnico utilizzato.

Abbiamo scelto un approccio "operativo", mettendo a confronto realtà differenti, esaminando accordi aziendali e pratiche sindacali già sperimentate nelle scorse settimane dove le  attività non sono state sospese, avendo chiaro il problema (l'epidemia di Covid19) e l'obbiettivo (la salute dei lavoratori attraverso la riduzione del rischio): a questo scopo abbiamo messo in campo, attraverso il nostro Dipartimento Salute e Sicurezza, una prima riflessione del "gruppo tecnico" degli Rls della Cgil di Torino, a cui si sono aggiunti, nella preparazione degli incontri e poi con la partecipazione diretta agli stessi, i contributi di Annalisa Lantermo, già dirigente dello Spresal e collaboratrice del giudice Guariniello, e delle avvocate Silvia Ingegnieri e Elena Poli.

A spingerci ad accelerare i tempi dell'iniziativa è stata l'idea di provare a mettere in moto l'applicazione del Protocollo prima della riapertura delle aziende, consapevoli delle difficoltà e delle enormi implicazioni negoziali, dalle modifiche dell'organizzazione del lavoro per applicare le misure di contenimento, al versante della sorveglianza sanitaria: chi deve misurare e valutare la temperatura corporea all’ingresso delle aziende, chi si occupa dei

dati sensibili su temperature e spostamenti, che ruolo ha il medico competente, chi deve vigilare sull’attuazione del protocollo, …

Non basta essere consapevoli  che dopo nulla sarà come prima: occorre evitare che l'emergenza porti via diritti individuali e collettivi.  Dobbiamo affrontare il presente senza rinunciare a guardare oltre, ai processi accelerati dal coronavirus, ad una crisi feroce in cui già siamo precipitati, che speriamo ci costringa almeno a guardare al futuro con occhi diversi, ma che nell'immediato si scaricherà interamente sul lavoro. D'altronde come non tutto si è fermato all'esplodere del contagio, non tutto ripartirà a pieno regime da un giorno all'altro.

Non limitarsi a subire questa situazione, limitando un po' i danni, è l'obbiettivo di questi incontri di formazione: fornire una cassetta degli attrezzi per affrontare l'emergenza, sapendo che la posta in gioco è molto alta e l'esito non è scontato. Anche l'atteggiamento delle associazioni datoriali, Confindustria in testa, la dice lunga sugli interessi in campo, spesso non così convergenti, tra chi da priorità alla salute delle persone e chi invece mette davanti a tutto il profitto. D'altronde all'avvio della cosiddetta Fase 1 in molte aziende i lavoratori hanno dovuto "ribellarsi" per ottenere la sospensione dell'attività per metter mano alle misure di contenimento del rischio, e a tutt'oggi le case di riposo - in particolare a Torino e in Piemonte - rappresentano un "buco nero" drammatico e inaccettabile.

Federico Bellono, segreteria Cgil Torino
Rocco Pellegrino, Dipartimento Salute e sicurezza Cgil Torino