Il Viminale alla fine è intervenuto, in qualche modo, per cercare di contenere l’emergenza dei migranti espulsi dai centri di accoglienza in piena pandemia. Lo ha fatto oggi (2 aprile), a quasi un mese dall’inizio del lock down, con una circolare con la quale invita i prefetti a garantire “la prosecuzione dell'accoglienza anche a favore di coloro che non hanno più titolo a permanere nei centri", almeno fino alla fine dell’emergenza sanitaria.

“In considerazione della preminente esigenza di impedire gli spostamenti sul territorio, e sino al termine delle misure connesse all'emergenza in atto, dovrà essere garantita e monitorata la prosecuzione dell'accoglienza", si legge nella circolare con la quale il capo dipartimento per le Libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell’Interno, Michele di Bari, richiama l'attenzione dei prefetti. Sono disposizioni direttamente finalizzate a prevenire la diffusione del covid-19, nell'ambito del sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei centri di permanenza per il rimpatrio.

La risposta arriva dopo una serie di “quesiti ricevuti” da parte dei prefetti dal Viminale, ma anche dopo i diversi appelli lanciati da un centinaio di associazioni, e da Cgil, Cisl e Uil la scorsa settimana. In entrambi i casi, tra le varie richieste (molte delle quali ancora senza una risposta), c’era proprio quella di trovare una soluzione per i migranti ospiti dei centri che avrebbero perso il diritto all’accoglienza nel periodo di emergenza.

Una prima circolare del 25 marzo chiariva già che la prescrizione dei termini prevista dal decreto "Cura Italia" era valida anche per i permessi di soggiorno in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, che venivano prorogati fino al 15 giugno. Stavolta si affronta invece il tema di chi è alloggiato in strutture di accoglienza per richiedenti asilo.

La circolare del ministero passa infatti a dettagliare le misure di limitazione al contagio da adottare all’interno dei centri. Si ribadisce la necessità di assicurare nelle strutture “il rigoroso rispetto delle misure di contenimento della diffusione del virus previste a livello nazionale”, per evitare l'esposizione ai rischi “per i migranti accolti e per gli operatori”, ma anche per “non generare situazioni di allarme sociale dovute al mancato rispetto, da parte dei primi, dell'obbligo di rimanere all'interno delle rispettive strutture”.

Con riferimento ai possibili nuovi arrivati, invece, si ricorda "la necessità di accertare che i medesimi non presentino patologie infettive ed in particolare sintomi riconducibili al virus Covid 19”. Per far questo, è “necessario che gli stessi vengano sottoposti prioritariamente al previsto screening da parte delle competenti autorità sanitarie, e successivamente siano applicate le misure di sorveglianza sanitaria e di isolamento fiduciario per un periodo di 14 giorni, come evidenziato nella circolare del 18 marzo 2020”. Solo al termine di questo periodo “e sempre che non siano emersi casi di positività”, i migranti potranno, ove ritenuto necessario, essere trasferiti in altra struttura di accoglienza, previo rilascio di idonea certificazione sanitaria".

Per quel che riguarda gli stranieri in accoglienza, per il Viminale, "riveste fondamentale importanza che a cura degli enti gestori, con l'ausilio dei mediatori culturali, venga impartita ampia ed aggiornata informativa sui rischi della diffusione del virus, sulle prescrizioni anche igienico-sanitarie da adottare, sul distanziamento all'interno dei centri, sulle vigenti rigorose limitazioni degli spostamenti e, nei casi in cui siano in atto le piu' stringenti misure previste per i casi di isolamento fiduciario o di quarantena, sull'esigenza del loro assoluto rispetto".

In linea generale, si legge ancora, è "opportuno mantenere un costante collegamento con gli enti gestori dei centri, sotto il duplice obiettivo di monitorare il rispetto delle prescrizioni imposte e di intercettare eventuali difficoltà operative”. Si richiama poi “l'attenzione sulla necessità di individuare spazi all'interno dei centri, o strutture apposite, da destinare, in caso di necessità, all'applicazione delle misure della sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o permanenza domiciliare, anche ricorrendo al potere di requisizione".

Il documento prescrive infine l’ovvio. E cioè: "Assicurare che nell'ambito dei centri vengano adottate le necessarie misure di carattere igienico-sanitario e di prevenzione, nonché evitate forme di particolare concentrazione di ospiti". Restano, però, ancora aperte molte questioni riguardanti i rischi connessi alla condizione dei migranti al tempo del Covid. Si va dalla drammatica situazione dei ghetti informali, al blocco delle procedure di rinnovo dei permessi di soggiorno, dai migliaia di espulsi dai centri a causa del decreto sicurezza, all'impossibilità di iscrizione all'anagrafe e quindi al mancato accesso sistema sanitario. Tutte questioni sollevate da chi da sempre opera nel settore, ma su cui il governo non ha ancora mosso un dito.