È inaccettabile vivere in queste condizioni, è gente che lavora e che avrebbe il diritto di avere anche la possibilità di condurre la propria esistenza in maniera dignitosa”. È scosso da quanto ha visto, il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che, impegnato in una due giorni di iniziative in Puglia, ha voluto visitare il ghetto di Borgo Mezzanone. L’occasione è stata l’inaugurazione della Camera del lavoro nel borgo rurale che dista una decina di chilometri da Foggia.

Un impegno che la Cgil regionale e provinciale aveva preso dopo la morte avvenuta a fine aprile di Samara Saho, un lavoratore rimasto vittima dell’incendio della baracca dove viveva – spiega il segretario generale della Puglia, Pino Gesmundo –. Questa sede si somma alla presenza che già assicurano i nostri operatori della Flai al ghetto settimanalmente, un presidio di diritti anche per i cittadini italiani che lamentano la mancanza di servizi pubblici”.

Ad accompagnare nel giro lungo la vecchia pista militare, a ridosso del Cara, dove è sorto il ghetto, c’erano il segretario generale della Flai, Giovanni Mininni, e i vertici della categoria regionale e provinciale. Landini ha ascoltato le testimonianze dei lavoratori, molti con permesso di soggiorno per ragioni umanitarie e preoccupati della stretta dei decreti sicurezza. “Ma sicurezza per chi – ha lamentato il segretario generale della Cgil – questi ragazzi hanno raccontato che lavorano trenta giorni al mese e si ritrovano pochissime giornate registrate, spesso devono fare azione vertenziale per avere i soldi pattuiti che sono molto meno di quelli previsti dal contratto, per spostarsi devono ricorrere ai servizi dei caporali, pagando. Toccherebbe alle imprese dare vitto e alloggio a chi lavora. Queste sono persone che contribuiscono alla ricchezza del settore agroalimentare”.

Servirebbero più controlli, “potenziare gli organici degli Ispettorati e gli organici dell’Inps e delle forze dell’ordine. In mezzo a tutta la propaganda anti immigrati ricordiamoci che chi sfrutta queste persone, chi evade fisco e previdenza sono italiani”. Un appello è per le istituzioni locali, “non possono far finta che tutto questo non esista o ridurlo a fenomeno di ordine pubblico. Bisogna fare una battaglia tutti assieme, c’è un proprio un cambio culturale da affrontare. Ma un Paese civile non può continuare a tollerare tutto questo”.

(foto di Giuseppe Binetti)