Sono 103 mila i morti accertati a causa del coronavirus in Italia. A loro il Parlamento ha deciso di dedicare la data di oggi, istituendo il 18 marzo come Giornata nazionale delle vittime dell'epidemia da Covid-19. Una data che non è casuale. Era il 18 marzo dell’anno scorso il giorno in cui i camion dell’esercito lasciavano Bergamo con un carico di centinaia di bare in attesa di sepoltura. Tanta era la pressione e tale era il numero delle vittime in quelle settimane nella provincia che i corpi dovettero essere portati altrove per la cremazione. E proprio quello scatto, quella lunga fila di automezzi verde militare, in piena notte, resta forse il simbolo più crudo e più triste di quello che è stato e continua a essere il covid. 

La strage è ancora in atto. E ha colpito, tra gli altri, migliaia di lavoratori. Sono oltre 340 i medici di medicina generale che fanno parte di questo lungo elenco. Anche a loro va il pensiero del Paese. Allo straordinario coraggio che hanno dimostrato, visitando i propri pazienti, spesso, soprattutto nei primi giorni di pandemia, sprovvisti persino dei più elementari dispositivi di protezione individuale.

In tutto il mondo, ma per mancanza di dati completi il numero potrebbe essere di molto inferiore alla realtà, sono almeno 3 mila gli infermieri deceduti.

Dati che combaciano con quelli resi noti dall’Inail riguardo alle denunce di infortunio sul lavoro, che evidenziano, in Italia, un’impennata di casi nel settore “Sanità e assistenza sociale”: +206% su base annua, con dei picchi che hanno superato il +750% a novembre e il +400% a marzo, aprile, ottobre e dicembre.

In questa realtà difficilissima, i territori sono alle prese con una campagna vaccinale che arranca.

Dei ritardi, dei disguidi e delle omissioni che si registrano nella gestione della Regione Lombardia abbiamo già scritto ampliamente, riportando le denunce della Cgil. È grave che proprio a Bergamo, la città simbolo di questo dramma collettivo, nelle ultime ore alcuni lavoratori dell’azienda sanitaria locale abbiano raccontato fino a che punto sia diventato di fatto inservibile il sistema di tracciamento e quanto i nuovi contagiati e chi abbia avuto contatti con loro siano di fatto abbandonati al destino.

Abbiamo scritto del grido d’allarme che arriva delle Marche, con gli ospedali al collasso e la pressione diventata insostenibile sul personale ospedaliero, dopo oltre un anno di emergenza.

Una situazione non molto diversa da quella che da tempo vive l’Umbria e in particolare la provincia di Perugia.

Con mezzo Paese in zona rossa, a riprova del fatto che la terza ondata di piena minaccia ancora gli argini, abbiamo scritto a più riprese quanto difficile sia per tutti.

Dedicare questo giorno alle vittime della pandemia in corso servirà a riflettere sugli errori commessi nel recente passato, sperando che non si ripetano.

Con lo sguardo e il pensiero rivolto a un domani nel quale, si spera, saremo usciti dal virus, ma non dimenticheremo mai il dramma che stiamo vivendo.

Questo è l’intento dell’iniziativa in programma questa mattina a Torino, al Cimitero Monumentale, dove verranno piantati i primi alberi di un bosco urbano dedicato alle vittime del coronavirus. Un appuntamento che si inserisce nel quadro della prima edizione della Settimana della Resilienza organizzata da Sicurezza e Lavoro con Regione Piemonte, Città Metropolitana di Torino, Comune di Torino, e molti soggetti sociali della città tra cui Cgil, Cisl e Uil. Per non dimenticare.