E se fake news e condizionamenti elettorali arrivassero via WhatsApp? Mentre in Europa la Commissione per le libertà civili ha votato una risoluzione che stabilisce come alle istituzioni dell'Ue dovrebbe essere consentito un pieno controllo di Facebook per valutare a che punto siano la protezione e la sicurezza dei dati personali degli utenti, oggi nuove preoccupazioni arrivano dalle applicazioni di messaggistica come WhatsApp o Messenger. Perché se qualche dubbio circa l’affidabilità della fonte può sorgere sul web o su Facebook, dove nascono pagine dai nomi improbabili o che orecchiano quelli di testate e agenzie giornalistiche proprio come il parmesan/parmigiano taroccato, se un messaggio ci viene inviato da un amico o nella chat di scuola dei bimbi, siamo molto meno attenti. E molto, molto più predisposti a farci condizionare. Senza contare la difficoltà nell'intercettare e smentire la bufala. 

L’elezione di Bolsonaro in Brasile, per modalità ed effetti, è stato un caso di scuola. Anche se, dicono gli esperti, non l’unico. Con 120 milioni di utenti, sei volte più che negli Stati Uniti, il Brasile è il quarto paese al mondo per iscritti a WhatsApp. Un veicolo per le fake che sfugge a qualsiasi tipo di controllo proprio perché la crittografia end-to-end permette di leggere il messaggio soltanto a chi lo manda e a chi lo riceve, assicurando anche la non tracciabilità dei messaggi. Ciò che è accaduto nelle elezioni brasiliane è che, sbaragliando qualsiasi sondaggio, nell'arco breve di pochi giorni si è verificato uno spostamento di voti a favore del candidato dell'estrema destra ultraliberista nell'ordine del 20-30 per cento che ha stupito esperti e tecnici.

Chi si è messo al lavoro per cercare di capire cosa fosse accaduto e come fosse potuto sfuggire a ogni analisi, si è imbattuto in un dato illuminante. Nei giorni immediatamente precedenti i due turni elettorali, imprese vicine a Bolsonaro hanno acquistato pacchetti di milioni di messaggi da far circolare proprio su WhatsApp. Messaggi dal contenuto fortemente diffamatorio nei confronti del candidato di sinistra Haddad e della sua famiglia. Chi ha scoperto questo meccanismo ha puntato il dito contro il finanziamento illecito alla campagna elettorale di Bolsonaro, ma ciò che oggi, a pochi mesi dalle elezioni europee, dovrebbe farci riflettere, non è solo la modalità con cui le bufale vengono veicolate, ma il loro potere di condizionare l'opinione pubblica.

Altrettanto interessante è lo studio realizzato da una scuola di giornalismo di San Petersburg in Florida (The Poynter Institute for Media Studies), che utilizzando un sistema di monitoraggio sviluppato dai ricercatori dell'Università Federale di Minas Gerais a Belo Horizonte, ha analizzato parte dei principali messaggi circolati la settimana precedente l'elezione di Bolsonaro. Quello che davvero impressiona è il numero di gruppi e profili coinvolti nella diffusione delle fake news. Nello studio si parla di una media di 45/50 gruppi per un'ottantina di utenti. Il caso più esplosivo ha visto la diffusione di un video da parte di 106 utenti su 83 gruppi. Questi numeri, che rapportati ai 209 milioni di abitanti del Brasile sembrano inconsistenti, facendo rimbalzare le fake da un gruppo all'altro e da uno smartphone all'altro, sono bastati a rendere virali le notizie false e a condizionare le elezioni brasiliane. Constatazioni che dovrebbero spingere a chiedere e ottenere una regolamentazione del settore che oggi, nonostante i timidi tentativi di alcune istituzioni, appare più che mai lontana.

Esmeralda Rizzi è responsabile social della Cgil nazionale