Un bivio geopolitico è quello al quale si trova di fronte l’umanità e a determinare la via che sarà intrapresa saranno le decisione politiche sui bilanci della difesa, della produzione e il commercio di armi e macchine belliche. Un allarme che viene lanciato dalla Rete italiana pace e disarmo per le Giornate globali di azione sulle spese militari, dal 12 aprile al 15 maggio, e che sarebbe facile bollare come apocalittico, ma che invece si basa su dati e analisi che confermano l’importanza delle scelte attuali per fermare la devastazione in corso di intere aree del mondo con guerre e conflitti. 

l’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma, nel Report 2024, valuta infatti una spesa militare globale di 2.443 miliardi di dollari nel 2023, con un incremento del 6.8% rispetto al 2022.Tale incremento, fa notare la Rete, non ha avuto alcun esito sulla “risoluzione dei conflitti persistenti né per la riduzione delle tensioni globali e la dimostrazione tangibile sono i conflitti a Gaza, in Ucraina, nella Repubblica Democratica del Congo, come in Sudan, Myanmar o Manipur”.  

Per la prima volta gli analisti del centro studi hanno registrato un aumento delle spese militari in tutte e cinque le regioni geografiche ma con incrementi particolarmente consistenti in Europa, Medio Oriente e Asia. I due Paesi ad aver speso di più sono Stati Uniti e Cina. Seguono nella classifica curata dal Sipri, Russia, India, Arabia Saudita e Regno Unito, con un aumento del 7,9 per cento su base annua.

In particolare per la Russia il 2023 ha segnato i livelli più alti registrati dalla dissoluzione dell'Unione sovietica. L’Ucraina, come era facile prevedere, è diventata l'ottavo Paese per spesa militare a livello mondiale, con un aumento annuo del 51% della spesa militare giungendo a quota 64,8 miliardi di dollari. Sul fronte dell’altro conflitto per il quale è altissima l’attenzione, quello Mediorientale, la spesa militare di Israele è seconda dietro l'Arabia Saudita nella regione ed è cresciuta del 24 per cento raggiungendo i 27,5 miliardi di dollari. Il nostro Paese si colloca al 12esimo posto, dopo altri Paesi europei come Germania e Francia.

La Rete italiana pace e disarmo spiega che, mentre durante la ‘guerra fredda’ si contrapponevano due potenze, ora siamo ormai difronte a una multipolarità con i leader globali che “stanno aumentando in modo preoccupante la loro dipendenza da soluzioni militarizzate” e “la spesa militare viene propagandata come una necessità per mantenere tutti gli aspetti della sicurezza”. Ha buon gioco, in questo panorama, “una vasta rete di interessi e di potere globale, guidata da pochissimi attori privati sovranazionali che controllano le imprese e influenzano i governi in modo puramente antidemocratico”.

Morte e distruzione dell’ambiente

Viene quindi precisato che tale sistema di potere globale “include e collega imprese militari e dell’energia fossile” e “la militarizzazione non solo causa la morte di centinaia di migliaia di persone, ma diventa anche strumentalmente responsabile del disastro ambientale, proteggendo gli interessi dei combustibili fossili e gli attori predatori”. In questo modo questo sistema “lavora, direttamente e indirettamente, per impedire l’adozione di misure che potrebbero alleviare la crisi ambientale e la sofferenza di milioni di persone”.

Raccogliere profitti dalla vendita di armi ad attori genocidi (e qui le associazioni citano “il sostegno militare dato a Israele per continuare i suoi implacabili attacchi a Gaza”) alimenta guerre e conflitti e, nel contempo, sottrae risorse da destinare “ad affrontare i cambiamenti climatici, a investire nella giustizia globale e a promuovere la trasformazione pacifica dei conflitti e il disarmo”. 

Le forze armate sono infatti tra i responsabili dell’inquinamento perché, attraverso l’elevato consumo di carburante, sono responsabili del 5,5% delle emissioni globali. Fanno inoltre uso di sostanze chimiche inquinanti che avvelenano il suolo per generazioni, mentre “mine, munizioni a grappolo, armi convenzionali lasciano la terra inabitabile per generazioni. Il costo opportunità della spesa militare ‘ci costa un Mondo’. Letteralmente”.

Disarmare ora per salvare le persone e il pianeta 

“Dobbiamo invece garantire il dispiegamento di un potere democratico in tutto il mondo – prosegue il comunicato della Rete -. Guerre e conflitti, crisi climatica, crisi sociale, crisi della democrazia, pandemie, deforestazione, perdita di biodiversità e molte altre sono sfide globali e transfrontaliere che l’Umanità deve affrontare. Queste sfide richiedono uno sforzo comune e coordinato che può essere raggiunto solo costruendo nuove alleanze tra una vasta gamma di attori per finanziare e creare giustizia, pace e diritti umani per il pianeta”.

Per le associazioni pacifiste sono società civile, istituzioni internazionali, Stati, imprese e popoli a dovere fare massa critica affinché si intraprenda la strada per una sicurezza globale comune o collettiva che non sia basata su manifestazioni di forze muscolari, ma “sulla costruzione della fiducia, sulla cooperazione e sulla solidarietà” e la  riduzione delle spese militari è un primo passo necessario.

Le richieste

Per affrontare le sfide globali che richiedono tutte le risorse disponibili la Rete italiana pace e disarmo insieme alla Global campaign on mlilitary spending avanza una serie di richieste e proposte, sottolineando anche la necessità di “denunciare gli interessi e le pressioni nascoste del complesso militare-industriale”.

In primis vengono invocati sforzi reali per il disarmo globale, per fermare il commercio di armi e per cessare le spedizioni di armi ai Paesi in conflitto, anche attraverso il fissare una data e una struttura per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite per una quarta sessione speciale sul disarmo. Invitano quindi i governi a “cessare la fornitura e l’acquisto di armi da Israele e a utilizzare tutti i mezzi esistenti per spingere verso un cessate il fuoco e la fine del genocidio a Gaza”, oltre a un cessate il fuoco globale.

Tra le richieste anche quelle di una nuova geopolitica che passi dalla creazione di strutture di governance globale in un ambiente di cooperazione e dialogo, un piano di decarbonizzazione e che i governi agiscano subito, perché tempo non ce n’è più. 

“Facciamo appello alla società civile a livello locale, nazionale, regionale e internazionale, affinché si unisca nella campagna per combattere la tendenza all’aumento delle spese militari – conclude la Rete – , per rafforzare il movimento globale per la pace e la giustizia e per sfidare i responsabili delle decisioni che cercano di giustificare un militarismo senza fine in nome della nostra sicurezza”.